Secondo il ministero dell'Interno egiziano l'ipotesi più probabile per spiegare la morte di Giulio Regeni è quella di un omicidio premeditato per una vendetta causata da motivi personali. Le indagini, spiega un comunicato del ministero cairota, hanno accertato che il ricercatore italiano aveva numerose relazioni con abitanti del quartiere in cui viveva. La replica del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: "Le ipotesi de Il Cairo sono improbabili".
La dichiarazione non cita alcun coinvolgimento delle forze di sicurezza nella morte di Regeni, sul cui corpo furono rilevati segni di torture, dopo che sia il ministero dell'Interno sia quello degli Esteri del Cairo avevano smentito tale ipotesi. Nel medesimo comunicato, il dicastero egiziano ribadisce "l'impegno a collaborare con gli inquirenti italiani presenti a Il Cairo".
Gentiloni: "Non ci bastano verità di comodo" - Immediata la replica del ministro Gentiloni, che ha dichiarato: "L'Italia chiede semplicemente ad un Paese alleato la verità e la punizione dei colpevoli" per la fine atroce del ricercatore friulano. "Non ci accontenteremo di una verità di comodo", ha aggiunto.
"Gli agenti abbiano accesso ai dati" - Il titolare della Farnesina ha poi parlato degli agenti italiani impegnati in Egitto nelle indagini sulla morte di Giulio, chiedendo per loro "l'accesso a tutti i documenti sonori e filmati e a tutti gli atti del processo nelle mani della procura di Giza". E ancora: "Il governo trasmetterà richieste specifiche su questo attraverso i canali diplomatici. Lo dobbiamo alla famiglia di Regeni e alla dignità del nostro Paese".
Il ricercatore friulano era stato trovato morto il 3 febbraio a Giza, alla periferia de Il Cairo. Regeni era scomparso il 25 gennaio, giorno dell'anniversario della rivoluzione del 2011.
Le forze di sicurezza egiziane "lavorano intensamente per scoprire le ragioni dell'omicidio e sono impegnate ad aggiornare la pubblica opinione egiziana e italiana sugli ultimi sviluppi alla luce degli stretti rapporti bilaterali", si legge nel comunicato, tanto più che "qualcuno giunge a conclusioni e riporta voci riferite da giornali stranieri senza prove e diffonde informazioni false che intralciano le indagini".
La sicurezza egiziana ha formato una squadra per esaminare il caso "attraverso un piano completo indagando sui collegamenti della vittima nei suoi sei mesi di permanenza in Egitto. La squadra sta interrogando ogni egiziano e straniero che abbia avuto contatti con Regeni per mettere insieme notizie sul caso". "Nonostante gli investigatori non abbiano ancora individuato i responsabili - si dice ancora nel comunicato - o le ragioni all'origine del crimine, le informazioni raccolte danno per possibile ogni motivo, incluso l'omicidio premeditato e la vendetta".
Nel comunicato si rileva poi che le forze della sicurezza egiziana e la squadra della sicurezza italiana, in Egitto dal 5 febbraio, cooperano e tengono molte riunioni congiunte per scambiarsi informazioni e risolvere il caso. Il ministero dell'Interno considera una priorità ed eserciterà il massimo degli sforzi per cooperare con le forze di sicurezza italiane. Il comunicato si conclude con il rinnovo delle condoglianze del ministro alla famiglia della vittima ed al popolo italiano.