la passione per i fumetti

Umberto Eco, intellettuale con la testa tra le nuvole... parlanti

Scrittore, saggista, professore universitario ma anche grande appassionato di fumetti. Fu il primo a "sdoganare" i comics e a inquadrarli nella cultura popolare di massa

di Domenico Catagnano

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Uscito nel 2004, "La misteriosa fiamma della regina Loana" è uno dei romanzi meno conosciuti di Umberto Eco, ma rappresenta una lettura necessaria per chi ama i fumetti. Nel libro si racconta di un antiquario di mezza età -nel quale non è difficile riconoscere lo scrittore- che vive a Milano e che perde la memoria autobiografica (ha cancellato tutto ciò che gli è accaduto nella sua vita) ma non quella semantica (ricorda benissimo chi è Garibaldi e tutti i libri che ha letto in vita sua).

L'uomo torna nella sua casa dove era cresciuto, non a caso in Piemonte, a cercare di riallacciare i fili col suo passato, e sprofonda tra i fumetti della sua infanzia. Il romanzo, l'unico illustrato di Eco, è un "ringraziamento", tra gli altri, a Flash Gordon, a Jacovitti, a Nick Carter, all'Agente segreto X9, a Mandrake e a tutti quegli eroi di carta che avevano colpito la fantasia dello scrittore in gioventù. "La misteriosa fiamma della regina Loana", non a caso, è anche il titolo italiano di una celebre avventura di "Cino e Franco", una serie a fumetti degli anni '30.

Quest'omaggio alla nona arte ha radici profonde, radici risalenti ad almeno quarant'anni prima la pubblicazione di Loana. Nal 1964, nel celeberrimo saggio dedicato alla cultura di massa "Apocalittici e integrati", Eco si occupò ampiamente dei comics. "Sono stato il primo a scrivere seriamente di fumetti", ricordava in una recente intervista, e a lui si deve la catalogazione delle nuvole parlanti come un genere che "rientra in quel gruppo di strumenti comunicativi di cui fanno parte i media più diffusi come la radio, la televisione e i giornali". Una presa di posizione rivoluzionaria, considerato che in quel periodo i fumetti erano considerati un passatempo -mal tollerato- per i ragazzini. Erano i tempi in cui personaggi come Diabolik venivano messi metaforicamente alla sbarra perché "plagiavano" le menti dei giovani.

Un anno dopo "Apocalittici e integrati", nel 1965, nascerà Linus, la rivista di "fumetti e d'altro", che nel primo numero ospita un colloquio tra Eco ed Elio e Vittorini che si apre così: "Oggi stiamo discutendo di una cosa che riteniamo molto importante e seria, anche se apparentemente frivola: i fumetti di Charlie Brown. Vittorini, com'è che hai conosciuto Charlie Brown?".

Eco adorava i Peanuts (scrisse diverse introduzioni ai libri dedicati ai ragazzini di Schulz) ma anche una coppia di personaggi tirata in ballo in due tra le sue citazioni più famose . "Se voglio divertirmi leggo Hegel, se voglio impegnarmi, leggo Corto Maltese", amava dire, o ancora "posso leggere la Bibbia, Omero o Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi". Se non abbiamo testimonianze di incontri tra il creatore di Corto Hugo Pratt (al quale si deve una delle più belle e incisive definizioni di fumetto, quella di "letteratura disegnata") ed Eco, abbiamo, per essere stati presenti, memoria di una sua serata con Tiziano Sclavi, "papà" dell'Indagatore dell'Incubo.

Era il 1998 e fino ad allora mai Sclavi si era presentato in pubblico a parlare del suo personaggio, tanto che non esisteva neanche una foto che lo ritraesse in volto ma solo qualche caricatura. Proprio Umberto Eco lo convinse a incontrare il pubblico a Milano in occasione della presentazione di un libro, "Dylan Dog - indocili sentimenti e arcane paure", nel quale è contenuto anche un dialogo tra i due. C'è da dire che Dylan ed Eco si "conoscevano" già: l'autore del "Nome della Rosa" era apparso nel numero 136 dell'Indagatore dell'Incubo nei panni del professor Humbert Coe. L'albo, intitolato "Lassù qualcuno ci chiama", era stato scritto e sceneggiato, chiaramente, da Sclavi.

Durante l'incontro Sclavi chiese a Eco perché amasse Dylan Dog. "Il mio modello - rispose lo scrittore - è un personaggio di Hugo Pratt (non a caso, ndr), un dàncalo o un eritreo, non ricordo più bene, che faceva cose stranissime. Alla domanda che gli veniva rivolta: 'Perché fai questo?", lui rispondeva: 'Perché tale è il mio piacere'. Mi sembra una risposta inattaccabile". Un piacere che, siamo certi, non riguardava solo Dylan Dog ma tutti i fumetti.