"Ucciditi, così risolvi i tuoi e i nostri problemi". Potrebbe essere l'ultima frase rivolta da due genitori a una 16enne prima che lei si gettasse dal tetto di un liceo classico di Forlì il 17 giugno 2014. Il pm oggi chiede il rinvio a giudizio per i genitori che l'hanno cresciuta tra vessazioni e umiliazioni. La vittima in tre anni uscì di casa tre volte, le fu detto che "era una figlia non voluta" e non vennero nemmeno celebrati i funerali.
Due i reati contestati a marito e moglie: maltrattamenti e istigazione al suicidio. Secondo la ricostruzione, infatti, i due la isolarono, la umiliarono, la fecero vivere in un clima di costante deprivazione affettiva e di solitudine, di "totale svalutazione della personalità", affermando e dimostrandole che era una persona indegna di qualsiasi tipo di fiducia.
La posizione dei genitori, come anticipato dal sito del Fatto Quotidiano Emilia-Romagna, sarà vagliata dal Gup.
Una vita da incubo - Stando all'ipotesi accusatoria padre e madre costrinsero la figlia "a vivere di studio e in totale solitudine", e "le ricordavano continuamente che lei era la figlia non voluta". Senza di lei, la loro sarebbe stata una famiglia perfetta, le dicevano. In tre anni la ragazza sarebbe uscita non più di tre volte con gli amici: inoltre, non le consentivano di usare Internet, non la portavano da nessuna parte per impedire che avesse rapporti sociali. La sottoponevano a punizioni e 'processi sommari'. Quando le fu negato un viaggio in Cina programmato ad agosto, la ragazza manifestò la volontà di uccidersi. Proposito che, secondo i Pm, i genitori alimentarono, "sfidandola".
Senza pace nemmeno dopo la morte - E addirittura, i due adulti avrebbero proseguito nel disprezzo "lasciandola nuda e senza vestiti in cella frigorifera per giorni, impedendo ad amici e parenti di visitarla presso la camera mortuaria". Non le diedero neppure gli onori del funerale, sottolineano i pm, "disponendo che la salma venisse cremata senza alcuna visita e senza alcun sentimento di pietà per la defunta"