Quanto certificato dal CERVED – una diminuzione su base annuale dei fallimenti delle imprese nel 2015 – è un dato positivo e rappresenta una prima inversione di tendenza rispetto al passato recente.
Nel corso del 2015 le imprese italiane, che hanno dichiarato default, sono state 14,7 mila: il 6,3% in meno rispetto al picco registrato durante l'anno precedente, quando le aziende fallite furono 15,7 mila.
Si tratta di un segnale positivo, ma che deve essere accolto il giusto entusiasmo. Secondo il CERVED, nonostante questo miglioramento, i livelli restano alti – i fallimenti registrati nel 2015 sono quasi il doppio rispetto al periodo precedente al 2008 – e testimoniano il perdurare degli effetti della crisi economica sul nostro Paese, che ha assistito al fallimento di un numero consistente di imprese e a tutto ciò che ne consegue: i fallimenti si traducono in posti di lavoro persi, del resto.
Ad esempio, il CERVED calcola che gli 82 mila fallimenti avvenuti tra il 2008 e il 2014 hanno causato la perdita di un milione di posti di lavoro. I costi sul fronte occupazionali sono stati dunque elevatissimi e in particolare lo sono stati nel 2013. Quando i lavoratori, che persero l'impiego a causa dei fallimenti, furono 176 mila: il numero più alto registrato dall'inizio della crisi economica.
Infatti il dato relativo al 2014 è stato leggermente più basso – 175 mila posti; -0,5% su base annua –, anche se il miglioramento è imputabile esclusivamente alla riduzione della dimensione media delle imprese che hanno portato i libri in tribunale.
Pur sottolineando che il numero di fallimenti registrati lo scorso anno è più alto rispetto al periodo pre-crisi, il CERVED è ottimista sul futuro prossimo: la riduzione del 2015 non dovrebbe rimanere un fatto isolato. Anzi. Secondo le previsioni dei suoi analisti, proseguirà anche nei prossimi anni.