Accademici uniti per Giulio Regeni. All'appello scritto da due docenti di Cambridge, Anne Alexander e Maha Abdelrahman (quest'ultima specializzata in politiche di opposizione e movimenti di protesta in Medio Oriente seguiva nella tesi il 28enne), hanno risposto 4.600 professori da tutto il mondo per chiedere "verità e giustizia" per il ricercatore. La lettera è stata inviata dalle ambasciate di Londra e di Roma al governo di Al Sisi.
A sottoscriverla docenti dalla Gran Bretagna e dall'Italia in primis ma anche da Perù, Australia, Tibet, Nicaragua, Turchia, Tunisia, Egitto, Qatar, Marocco, Israele. "Chi sapeva della scomparsa di Giulio Regeni, prima del ritrovamento del corpo, era disperatamente preoccupato per lui, visto che era sparito nel mezzo di una campagna di sicurezza sfociata in arresti di massa, in un contesto di drammatico aumento delle denunce di torture nelle stazioni di polizia e casi di sparizioni, secondo la documentazione offerta da organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani", è scritto nella lettera, che denuncia l'ipocrisia del Ministero della Difesa egiziano poiché omette pratiche di tortura che sono routine.
Tra i firmatari ci sono anche la preside della Normale di Pisa Daniela Della Porta, Isabella Camera D'Afflitto della Sapienza, Andrea Teti dell'Università di Aberdeen, ma anche lo studioso francese Olivier Roy e Yazid Sayigh del Carnegie Center di Beirut.
La risposta - solamente in inglese - del Ministero degli Esteri non si è fatta attendere, rigettando le accuse di occultamento della verità. "I tentativi di accusare le autorità egiziane, in assenza di prove, sono controproducenti", si afferma. Inoltre sembra paradossale, continuano le autorità egiziane, che dei docenti che "aderiscono ai principi di rigore e imparzialità ipotizzino tali accuse". Poi il riferimento ai Fratelli Musulmani: "Torture, sparizioni e arresti arbitrari sono stravolgimenti intenzionali da parte di chi lotta per riaffermarsi dopo essere stati respinti dal popolo".