Un uomo, accusato di violenza sessuale perché avrebbe toccato nelle parti intime una donna mentre dormiva, è stato assolto dal Tribunale di Milano poiché il racconto della giovane non è "attendibile" per una serie di ragioni. Tra queste anche quella che lei fosse "vestita con abiti invernali, per di più pantaloni". Per i giudici, dunque, il fatto non sussiste.
La versione della donna - I due erano soltanto conoscenti, ma avevano comunque trascorso una serata insieme. Lei aveva bevuto parecchio e accusava "un fortissimo malessere", così lui fu costretto ad accompagnarla a casa sollevandola "di peso". Una volta arrivati "mi sono buttata a letto e mi sono addormentata", ha dichiarato. Passata qualche ora "mi sono svegliata perché sentivo che lui mi stava toccando". Ed ecco i dettagli della presunta violenza sessuale: "Ero sdraiata sul lato destro, lui aveva un braccio sotto il mio collo, con quella mano mi toccava il seno e con l'altra dentro le mutande".
"Un racconto paradossale" - Un racconto "complicato e paradossale" secondo il Tribunale, che tra gli altri "profili di scarsa verosimiglianza" nella ricostruzione dei fatti fornita dalla vittima si sofferma soprattutto sul suo abbigliamento al momento della presunta violenza. "Non è stato spiegato - si legge nelle motivazioni della sentenza - come la mano dell'imputato possa essersi infilata sotto le mutande di una donna sdraiata a letto con abiti invernali, per lo più pantaloni".
Per i giudici, infatti, non risulta "credibile" il "comportamento glaciale e inspiegabilmente razionale" della donna "che decide persino di non muoversi e di fingere un lento risveglio al fine di far desistere spontaneamente" l'uomo "dalla sua azione".
Altre circostanze - A suscitare "perplessità" nei giudici anche altre circostanze. Innanzitutto la vittima "avrebbe subito nel passato remoto e recente ben due episodi di abuso sessuale" sempre "in un contesto amicale", ma durante il processo parla solo di uno di questi episodi "e tace l'altro". Infine la denuncia è stata presentata più di 5 mesi dopo la presunta violenza, "quasi ai confini della tardività".