Nessuna truffa

Renault, dallo scandalo alla… bufala!

A perderci sono i risparmiatori di borsa

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Il caso Renault, la frenesia delle borse che corrono sempre su fili sottilissimi ad alta tensione e la fretta delʼinformazione. Riflessioni su come il caos nasca dal nulla. Ma qualcuno chiederà scusa ai risparmiatori che hanno svenduto i loro titoli in borsa?

Giovedì 14 gennaio 2016 è stata una di quelle giornate che i cronisti finanziari bollano come "nere”. Il crollo dei titoli legati allʼindustria dellʼauto è stato tanto pesante quanto devastante su tutti i listini. Peccato però che le informazioni, sommarie e superficiali, che hanno creato preoccupazione tra gli investitori di borsa erano infondate. Sbagliate nellʼinterpretazione di chi ha dato la notizia (il sindacato francese CGT). Allarmistiche. Lo scandalo Renault si è sgonfiato nel giro di poche ore, la nota della Casa francese sullʼordinarietà delle ispezioni della Commissione Royal ‒ lʼorganismo tecnico che sta valutando in Francia la regolarità dei dati sulle emissioni nocive di 100 modelli venduti su quel mercato, di tutte le marche ‒ aveva già in serata fatto intuire che si era in presenza di una notizia quanto meno gonfiata. Infine, la spiegazione della stessa commissione tecnica sullʼinesistenza di software fraudolenti per modificare i dati sulle emissioni (come realmente accaduto con Volkswagen) e lʼ"assenza di truffa", come ha ribadito la ministra dellʼambiente Segolene Royal, ha riportato tutto alla calma. Con tante scuse (si fa per dire) allʼeccesso di allarmistico zelo che ha bruciato non pochi miliardi sulle piazze finanziarie occidentali.

Venerdì 15 gennaio (quanti "venerdì neri” abbiamo storicamente contato in Borsa nel corso degli anni?) tutto sembrava ricondotto nei giusti binari e la notizia era sparita dai giornali online. ma qualcosa nel frattempo era successa: era successo che chi dovrebbe essere in possesso di informazioni più solide e precise per indirizzare gli investimenti dei risparmiatori in borsa si sia lasciato letteralmente prendere dal panico, e così le quotazioni del titolo Renault e di tutti gli altri legati al settore auto sono crollate in poche ore. I più caparbi tra i cercatori di informazioni utili a comprendere i fenomeni borsistici, per giustificare i tracolli, hanno persino legato il calo di altri titoli ‒ vedi FCA ‒ a informazioni sui dati di vendita in Usa (pare che un paio di concessionarie abbiano "dopato" i loro volumi). Informazioni che slegate dal caso-bolla Renault non avrebbero pesato niente sullʼandamento del titolo. Alla fine chi ci rimette è il risparmiatore che ha svenduto titoli che, tra un paio di giorni, torneranno ai loro valori effettivi di mercato. Di nuovo tante scuse!

E infine permettetemi una considerazione sullʼinformazione. Perché la frenesia degli operatori dellʼinformazione non è inferiore a quella degli operatori di borsa. Nella giornata di giovedì 14 tutti sono stati chiamati a coprire la notizia dello "scandalo” Renault, soprattutto i media "real time" (Internet, social, TV, radio) che giocano sulla velocità e sulla gara dellʼarrivar prima. I quotidiani della carta stampata, uscendo ogni 24 ore, hanno almeno il tempo di metabolizzare una notizia e confezionarla senza fretta e con la dovizia dei riscontri. Anche se, nel caso Renault, sarebbe bastato solo aspettare un poʼ di tempo per far giustizia della prima, allarmata informazione della CGT. E non lasciarsi prendere dalla frenesia di dare per forza una notizia che, in una spirale viziosa, condizionava ulteriormente risparmiatori e operatori di borsa. Vabbé, giacché ci siamo, di nuovo di nuovo tante scuse!!