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Beirut, 135 morti e 5mila feriti | Fonti: incendio doloso appiccato da un commando che poi voleva attribuirne la responsabilità ad Israele

Dietro la strage un sabotaggio finito nel peggiore dei modi? Agli arresti domiciliari gli ufficiali dell'autorità portuale

Mentre si aggrava il bilancio dell'esplosione nel porto di Beirut (135 morti, 5mila feriti e decine di dispersi), spunta una ricostruzione inedita e inquietante: secondo fonti di intelligence dietro la strage ci sarebbero quattro sconosciuti entrati di nascosto nel magazzino per appiccare un incendio e poi attribuirne la responsabilità ad Israele.  Due gli obiettivi: denunciare l’aggressione israeliana a pochi giorni dal verdetto dell’Onu su quattro membri di Hezbollah coinvolti nell’omicidio di Rafiq Hariri. E quindi, in una clima di evidente tensione, “giustificare” un futuro attacco Hezbollah ad Israele.

Sempre secondo le stesse fonti, il commando di quattro uomini non era però a conoscenza di quanto nitrato di ammonio fosse stoccato al porto, Non sapevano neppure che in quel magazzino fossero stipati munizioni, missili e razzi. L’incendio doloso avrebbe quindi innescato un drammatico effetto domino, trasformando il magazzino in un arsenale in fiamme.

Il fumo rosso sarebbe legato al litio contenuto nei missili.

Ai domiciliari le autorità portuali - Per il momento Beirut punta sull'incidente causato dalla negligenza: a saltare in aria è stato un deposito al porto che conteneva 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio. E per questo tutti gli ufficiali del porto sono finiti ai domiciliari.  Il ministro degli interni Mohammed Fahmi ha riferito che il nitrato di ammonio sarebbe stato sistemato nel magazzino dopo essere stato sequestrato da una nave mercantile nel 2014. A supportare questa ipotesi la testimonianza di alcune persone che hanno visto una nuvola arancione come quella che appare quando viene rilasciato gas tossico di biossido di azoto sprigionato da nitrati.

Il day after di Beirut, la città devastata dopo le esplosioni

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Dal canto suo  il capo della dogana, Badri Daher ricorda come la sua agenzia avesse ripetutamente chiesto che il nitrato di ammonio venisse rimosso dal porto salvo poi aggiungere che "ciò non è accaduto: lasciamo agli esperti determinarne i motivi". Non tramonta del tutto la pista attentato, soprattutto per luogo e tempistica. Israele ed Hezbollah, gruppo musulmano sciita appoggiato dall'Iran, si sono subito comunque dichiarati estranei ai fatti. 


Stato d'emergenza per due settimane - Il governo ha dichiarato lo stato d'emergenza per due settimane dando ai militari pieni poteri. A renderlo noto è stato il ministero dell'Informazione

Emergenza sanitaria, tre ospedali distrutti -  Il governatore Marwan Abboud parla di "oltre 300mila persone rimaste senza casa". I danni materiali ammontano a circa tre miliardi di dollari. Almeno tre ospedali sono stati distrutti dall'esplosione e due gravemente danneggiati. La Francia ha annunciato l'invio di un distaccamento di sicurezza civile e "diverse tonnellate di materiale sanitario".  "Medici di emergenza raggiungeranno inoltre Beirut il prima possibile per rafforzare gli ospedali.

Beirut, un cumulo di polvere: ecco cosa rimane del deposito esploso

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Appello del premier per aiuti: "Stiamo assistendo a una vera catastrofe" - Il primo ministro libanese Hassan Diab ha fatto appello a tutti i Paesi per chiedere aiuto. "Stiamo assistendo a una vera catastrofe", ha detto, ribadendo la promessa che i responsabili pagheranno, senza però commentare la causa di quanto successo".

Beirut, il bilancio delle esplosioni

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La Ue attiva la protezione civile "L'Ue ha attivato il meccanismo di protezione civile in seguito alla richiesta delle autorità libanesi, e coordinerà l'invio urgente di 100 pompieri altamente qualificati, con veicoli, cani ed attrezzature specializzate nella ricerca e salvataggio in zone urbane. Lavoreranno con le autorità libanesi per salvare vite", annuncia il commissario alla gestione delle crisi, Janez Lenarcic. "Olanda, Grecia e Repubblica Ceca hanno già confermato la loro partecipazione, Francia, Polonia e Germania hanno già offerto assistenza".

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