Processo da rifare per Ilir Beti, l'imprenditore albanese 39enne che il 13 agosto 2015 uccise quattro ragazzi francesi vicino a Ovadia, in provincia di Alessandria, imboccando contromano la A26 a bordo del suo Suv. La condanna stabilita in primo grado e confermata dall'appello era stata eclatante: 21 anni e 4 mesi di carcere per omicidio volontario.
Fra due settimane, invece, l'imprenditore tornerà in tribunale: la Cassazione ha infatti derubricato il reato a omicidio colposo, com'è finora sempre avvenuto per gli incidenti stradali.
Per i giudici della corte d'Assise d'Appello di Torino, Beti era consapevole dell'altissimo tasso di rischio della sua bravata: ubriaco, dopo essere stato cacciato da un locale, aveva deliberatamente preso l'autostrada in senso contrario a quello di marcia per dimostrare a sé stesso la propria abilità nello schivare le auto che via via gli si paravano davanti.
I giudici della Suprema Corte avevano invece accolto il ricorso del legale dell'imputato, Franco Coppi, che aveva sostenuto, al contrario, come proprio lo stato di ubriachezza del suo assistito "lo sottraesse all'area del dolo, per riconsegnarlo a quello della colpa".
Intanto, i parenti delle vittime temono che non sia fatta giustizia e si sfogano su Facebook: "Ilir Bedi era consapevole delle sue azioni. La macchina è una pistola", scrive la mamma di uno dei ragazzi.
La risposta, in futuro, dovrebbe arrivare dall'introduzione del nostro ordinamento del reato di omicidio stradale. Dopo il via libera del Senato, il disegno di legge aspetta soltanto il secondo ok della Camera: ma anche se fosse approvato prima del nuovo processo a Beti, le nuove pene previste non saranno applicate nel suo caso, non essendo il reato previsto dal codice all'epoca del fatto.