Banca Etruria, parla un direttore: "Una vergogna, abbiamo truffato i clienti"
Il dipendente confessa le indicazioni ricevute dai vertici: "Seguivamo i clienti fino in ospedale e taroccavamo i questionari Mifid"
"Seguivamo i clienti in ospedale, nelle case di cura, sotto le scuole mentre aspettavano i figli e alla fine sapevamo che stavamo vendendo prodotti rischiosissimi". A parlare è un direttore di filiale di Banca Etruria che, con garanzia di anonimato, confessa le nefandezze compiute nei confronti dei clienti. Per vendere le rischiosissime obbligazioni subordinate arrivavano a taroccare i questionari Mifid.
Chi parla al quotidiano Repubblica è un direttore di filiale di Banca Etruria del centro Italia ancora dipendente dell'istituto. E quello che confessa fa pensare ad una vera e propria truffa nei confronti dei risparmiatori. "Parliamo di persone che hanno una scolarità finanziaria pari allo zero", dice ancora. E quindi come facevano a superare l'ostacolo del Mifid, il questionario obbligatorio per stabilire il livello di rischio che un investitore può affrontare? "Semplice, nel 95% dei casi lo compilavamo noi e ai clienti chiedevamo solo di firmarlo".
La vendita senza scrupoli di prodotti così rischiosi è proseguita senza sosta anche quando Bankitalia ha acceso un faro su Banca Etruria. "Tra il 2012 e il 2013, nel momento in cui i dirigenti e gli operatori del settore sapevano la situazione critica della Banca, abbiamo venduto la maggior parte delle obbligazioni", dice il direttore. E per superare le richieste di Bankitalia ai clienti è stato fatto rifirmare un documento che li metteva a conoscenza dell'alto rischio dei prodotti nel loro portafoglio. "Peccato che nessuno leggeva quello che gli facevamo firmare".
"Abbiamo fatto delle cose vergognose" - Ma il momento più basso, quello della "vergogna" usando le parole stesse della gola profonda, è arrivato nel giugno 2015. I commissari di Etruria si erano accorti dei Mifid taroccati e hanno fatto arrivare lettere ai clienti invitandoli a tornare in filiale perché nel loro portafoglio investimenti c'erano prodotti non adatti ai loro profili. Il tutto con un linguaggio formale, troppo formale. Tant'è che per i dipendenti di Banca Etruria è stato semplicissimo superare questo ostacolo: "Abbiamo detto che era una pura formalità e facevamo rifirmare lo stesso documento". La gola profonda dice però che lui personalmente aveva invitato i suoi clienti a rivolgersi alle associazioni dei consumatori. Un pentimento, forse tardivo però.
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