Dopo il via libera ai raid del Parlamento inglese, 4 Tornado britannici decollati da Cipro hanno effettuato raid contro l'Isis in Siria. La Camera dei Comuni britannica infatti ha votato a favore, con 397 sì e 223 no, dell'allargamento alla Siria dei raid "anti-Isis", come chiesto dal governo Tory di David Cameron. Fuori la protesta delle centinaia di irriducibili che hanno manifestato al grido di "Stop the war".
A spianare la strada al sì era stata la spaccatura interna al Labour, sfociata nella libertà di scelta che il leader Jeremy Corbyn - pur coriaceo fino in fondo nel suo no - ha dovuto concedere alla fronda interna: diverse decine di deputati dissenzienti in grado di esprimere - con il concorso di figure storiche della sinistra come la ex titolare del Foreign Office Margaret Beckett o lo stesso ministro degli Esteri ombra Hilary Benn - i sì decisivi e di compensare abbondantemente la dozzina di Tory anti-raid.
Sì che Cameron aveva sollecitato come una necessità, sullo sfondo delle invocazioni d'aiuto del presidente francese Francois Hollande, dell'incoraggiamento del Dipartimento di Stato da Washington e dell'inedito invio di sei Tornado da ricognizione anche da parte della Germania di Angela Merkel, destinato a essere formalizzato dal Bundestag.
Cameron: "Ci attaccano per quello che siamo" - "Questi terroristi pianificano di ucciderci. Ci attaccano per quello che siamo, non per quello che facciamo", ha tuonato in aula. Il premier non ha negato che occorra una strategia "più ampia", oltre alle armi e ha fissato paletti più stretti che in passato, assicurando che la Royal Air Force colpirà solo l'Isis ed escludendo ogni nuova avventura "boots on the ground".
Ma ha insistito che molte delle trame terroristiche degli ultimi mesi contro il Regno Unito (sette, secondo Downing Street) sono state "orchestrate in Siria", un modo per dire che i raid dovrebbero aiutare a proteggere la sicurezza dei cittadini britannici.
I flop in Iraq e Libia - L'esatto contrario di ciò che pensano Corbyn e gli altri oppositori, secondo i quali l'ennesimo ordine di fuoco agli aerei di Sua Maestà - previsto da un momento all'altro, con l'invio di altri 8 fra Tornado e Typhoon verso la base di Cipro da dove decollano da mesi gli otto jet impegnati in Iraq - è un brutto film già visto che "accrescerà i rischi di attacchi terroristici". Tanto più che "i bombardamenti uccideranno ancora civili innocenti e creeranno più rifugiati". Per Corbyn, come per la larga maggioranza della base laburista e per gli scozzesi dell'Snp, i precedenti dell'Afghanistan, dell'Iraq e della Libia dovrebbero indurre alla prudenza "in nome del buonsenso, non del pacifismo". E i 70mila miliziani "non estremisti" con cui, stando a uno dei passaggi più controversi di Cameron, ci si potrà coordinare sul terreno in Siria, non sono altro che un'illusione (cosa denunciata d'altronde pure da Julian Lewis, presidente della commissione Difesa ai Comuni e conservatore anti-interventista).
Le proteste dei pacificisti - Contestazioni a cui si è associato dalla Camera dei Lord niente meno che l'arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, massimo dignitario della Chiesa anglicana. E a cui si affianca una polemica rovente per l'epiteto di "simpatizzanti dei terroristi" rifilato dal premier al leader laburista e ad altri compagni che in gioventù si fecero paladini del dialogo con la guerriglia nordirlandese: un epiteto per il quale Cameron si è poi ostinatamente rifiutato di scusarsi.
Ma alla fine i giochi sono fatti. David Cameron va alla guerra e saranno le conseguenze a dimostrare se lo scetticismo dei sudditi del Regno (favorevoli ai raid solo al 48%, passata l'emozione per gli attacchi di Parigi) non avrà avuto - anche stavolta - una sua ragion d'essere.