Da oltre un anno assistiamo al costante calo del prezzo del petrolio. Ciò è dipeso da diversi fattori, ma in particolare dalla decisione dell'Arabia Saudita di vendere il greggio a prezzi sempre più bassi dopo che gli Stati Uniti hanno cominciato a produrre petrolio da fonti alternative (shaile oil) allo scopo di ridurre la dipendenza da quello estero. Di fatto, però, la produzione alternativa stava togliendo quote di mercato ai produttori tradizionali, quelli aderenti all'Opec per capirci. Inoltre c'è ora da considerare il più che probabile ritorno sulla scena dell'Iran – quarto paese al mondo per riserve petrolifere – che aumenterà la produzione quando le sanzioni occidentali, a seguito dell'accordo sul nucleare, saranno state rimosse. A tutto questo si aggiunga, dal lato della domanda, la lunga fase stagnante dell'economia europea e il rallentamento dei mercati emergenti (Cina compresa) e avremo allora delineato il quadro d'insieme. Ma perché, se il prezzo del petrolio scende, quello della benzina, soprattutto in Italia, resta pressoché il medesimo?
Un errore da evitare
Un errore comune è credere che al deprezzamento del petrolio, anche del 50%, possa corrispondere un'analoga variazione nel costo della benzina. I prodotti che derivano da un barile di petrolio sono diversi e la benzina è uno dei tanti. Dunque ogni prodotto assumerà un determinato valore secondo l'andamento del relativo mercato. In questo senso, poi, sui carburanti pesa in maniera consistente la componente fiscale. Così, quando ci si reca al distributore per fare rifornimento, ci si accorge di come la situazione non sia cambiata granché, per quanto il prezzo della benzina sia sceso – in maniera quasi impercettibile – negli ultimi tempi.
È la componente fiscale a pesare di più
Per comprendere meglio la struttura del prezzo dei carburanti è sufficiente confrontare i dati che settimanalmente pubblica il Ministero dello Sviluppo economico. In effetti, da gennaio 2014 ad oggi, fatta eccezione per alcuni rialzi registrati nei primi mesi di quest'anno, i prezzi industriali della benzina hanno evidenziato un brusco calo, da 0,689 euro al litro a 0,469 euro (al 16 novembre 2015). Il dato è piuttosto in linea con la media europea, che si attesta a 0,467 euro al litro. Il prezzo industriale della benzina, però, rappresenta appena il 32% di quello finale. È la componente fiscale, pari al 68% (0,992 euro al litro), a far lievitare il costo conclusivo che attualmente si attesta in Italia a 1,461 euro al litro.
E non è tutto
Il cerchio neppure si chiude qui. Nella componente industriale, il segmento "materia prima" vale 0,316 euro al litro, ovvero il 22% del prezzo su cui agisono le quotazioni internazionali e l'effetto cambio euro/dollaro. Inoltre il margine lordo risulta essere pari a 0,153 euro al litro (il 10%), cioè la parte su cui l'operatore può agire per modificare il prezzo alla pompa. La componente fiscale, invece, viene scorporata in accise – che gravano molto sul prezzo finale – e l'Iva (al 22%). L'accisa è un'imposta che viene applicata su un bene prodotto o consumato, il cui scopo di norma è garantire un gettito immediato per lo Stato (utile, talvolta, per la copertura finanziaria di altre voci di spesa). Nel nostro caso, stando agli ultimi dati disponibili, l'accisa vale 0,728 euro al litro; l'Iva 0,264 euro al litro. Anche nella struttura del prezzo del diesel, per allargare il discorso ad altre tipologie di carburante, la situazione si presenta in modo analogo: la componente industriale pesa per il 36%, quella fiscale per il 64% (l'accisa vale 0,617 euro al litro).
Cosa potrebbe accadere in futuro
Se il prezzo del petrolio continuerà a scendere, allora diminuirà anche quello della benzina? Difficile a dirsi. Ci sono, infatti, delle tasse che verranno aggiunte in futuro (sono previsti aumenti delle accise fino al periodo 2019-2021, che derivano dal Dl Competitività del 2014). Questo perché si tratta di un trend consolidato: in pratica le accise sui prezzi dei carburanti variano nel tempo a seconda delle esigenze dello Stato.
Alcune considerazioni
Il calo del prezzo del petrolio, come si è osservato, difficilmente ha un impatto sostanzioso sugli automobilisti a causa della componente fiscale che grava per tre quarti circa sulla spesa finale. L'effetto più immediato è per i paesi consumatori, che acquistano la materia prima a costi più vantaggiosi. Eppure, nel lungo periodo, le ripercussioni sulla crescita globale potrebbero non essere positive perché indeboliscono proprio i produttori. E in parte contribuiscono a spiegare il rallentamento delle economie emergenti.