I segnali di ripresa economica non mancano. I consumi tornano a crescere e migliorano le capacità di risparmio degli italiani che la crisi aveva frenato. Nel 2012, l'Istat rilevava un calo della propensione al risparmio (cioè la quota del risparmio lordo delle famiglie sul reddito disponibile) che si attestava all'8,2% contro l'11,6% del 2007. Tuttavia, nel secondo trimestre del 2015, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici, misurata al netto della stagionalità, è stata pari all'8,7%, in aumento di 0,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente
Come osservato da Bankitalia nel suo Occasional papers (Le difficoltà di risparmio nelle valutazioni delle famiglie italiane), negli anni successivi all'inizio della crisi economica, la quota degli italiani che, considerata l'allora situazione economica del Paese, ritenevano opportuno risparmiare era cresciuta notevolmente, toccando (dopo essere rimasta stabile attorno al 75% tra il 1990 e il 2006) livelli superiori al 90%. Contemporaneamente, però, sempre meno famiglie reputavano effettivamente “possibile” risparmiare. Eppure, al di là delle difficoltà percepite, nel corso del 2013 gli italiani sono riusciti ad accantonare 46 miliardi di euro. Denaro che è andato ad aggiungersi alla ricchezza complessiva delle famiglie italiane, allora stimata dalla Banca d'Italia in 9.615 miliardi di euro, compresi 886 miliardi di passività (mutui per l'acquisto dell'abitazione, prestiti ed altre passività). Il computo includeva anche il valore dei depositi bancari, del risparmio postale e del contante, pari a 1.174 miliardi di euro, le azioni e le partecipazioni, i titoli pubblici (italiani ed esteri), le obbligazioni e i fondi comuni d'investimento dal valore complessivo di 1.847 miliardi, le somme accantonate dalle assicurazioni e dai fondi pensione, i crediti commerciali e altri conti attivi (827 miliardi) ed infine il valore delle abitazioni, dei fabbricati e dei terreni, degli oggetti di valore, degli impianti e macchinari pari a 5.676 miliardi di euro.
Oggigiorno gli italiani sembrano aver superato le difficoltà rilevate da via Nazionale nel periodo immediatamente successivo all'inizio della crisi economica e, durante l'ultimo anno, i risparmi delle famiglie sono cresciuti. Un'indagine dell'Istituto di ricerca Tecnè, per conto di TgCom24, rivela che, a ottobre 2015, il 21% delle famiglie italiane è riuscita a risparmiare all'interno del budget familiare. Ma la ricerca racconta anche una diffidenza dei risparmiatori ad affidarsi a consulenti, siano quelli della propria banca, sia professionisti esterni. Secondo l'indagine, infatti, il 79% degli italiani gestisce personalmente i propri risparmi, mentre quote meno consistenti preferiscono farsi consigliare dal proprio istituto di credito (il 17%) o da un consulente esterno, come ha dichiarato di fare il 4%.
Secondo quanto rilevato da Tecnè, quindi, solo il 21% degli intervistati si affida a specifiche figure professionali che possono essere d'aiuto nell'eventualità in cui il si decida di utilizzare strumenti finanziari per investire i propri risparmi e farli rendere di più. Bisogna tenere presente che tutte le operazioni finanziarie comportano dei rischi ed è necessario essere operatori esperti per muoversi sui mercati.
La prima regola da seguire, quindi, è evitare il "fai da te” se non si conoscono i delicati e complessi meccanismi. Dare forma a un proprio "portafoglio finanziario”, cioè le attività finanziarie in cui è possibile investire (valute, obbligazioni, azioni, ecc.), infatti, non è semplice.
La seconda regola da seguire è diversificare gli investimenti. Una volta stabilita l'asset allocation – cioè la ripartizione di un patrimonio nelle differenti tipologie di prodotti e valute disponibili (azioni, obbligazioni, liquidità) – gli analisti consigliano un'ulteriore diversificazione nell'ambito delle singole classi di attività finanziarie e dei mercati. Nel definire un'asset allocation, è opportuno considerare le esigenze, la disponibilità finanziaria, l'orizzonte temporale e la propensione al rischio dell'investitore. In tal senso, osservano gli analisti, a bassi livelli di rischio equivalgono livelli altrettanto bassi di rendimento. Ad esempio, i mercati azionari possono garantire rendimenti più elevati in virtù dei molti rischi che comportano, essendo più volatili nel breve periodo. Per ridurre il rischio di perdere il capitale investito sul mercato azionario è bene tutelarsi acquistando le azioni di molte aziende, invece di puntare su poche o addirittura una sola società. Allo stesso tempo, però, la diversificazione non annulla tutti i rischi: non elimina, per esempio, l'incertezza legata all'andamento di un'economia – il cosiddetto "rischio aggregato" – che influenza le performance delle singole società.
Ecco, quindi, terza regola: investire in più mercati contemporaneamente. Ciò dovrebbe proteggere l'investitore dagli effetti negativi di un'eventuale recessione, che difficilmente coinvolge più economie nello stesso tempo e con la stessa intensità.