All'inizio è stato il Fondo monetario internazionale a sottolineare come il rallentamento degli emergenti possa frenare la crescita economica globale, ma già prima la Banca mondiale aveva osservato che i paesi in via di sviluppo sono alle prese con difficoltà di tipo "strutturale", che potrebbero durare anni. Ora è anche l'Ocse a ritenere un problema lo stop delle economie emergenti, soprattutto sul fronte dell'interscambio commerciale.
Il punto è proprio questo. Come sottolinea l'Ocse i paesi emergenti sono attori fondamentali per il contributo al commercio mondiale e alla crescita del Pil e questa fase di rallentamento che sta condizionando l'export produce un impatto negativo (ad esempio il recente calo della produzione industriale in Germania, a causa del rallentamento dei mercati emergenti).
Le attenzioni maggiori in questo senso sono rivolte al commercio. Per l'Ocse l'interscambio crescerà quest'anno del 2%, quasi la metà, cioè, delle previsioni di giugno (3,9%). E al ribasso sono state riviste anche le stime per il 2016. Un andamento che, secondo molti osservatori, condizionerà infine l'economia dell'Eurozona.
Il quadro generale vede due paesi come Russia e Brasile in recessione, la Cina in affanno anche se, dopo anni di elevata crescita, il rallentamento deriva dal nuovo modello di sviluppo, volto ora a premiare più i consumi interni che le esportazioni, traino per Pechino in questi anni di espansione economica.
Ad ogni modo anche l'agenzia di rating Moody's non ha dubbi a tale proposito: i paesi del G20 cresceranno del 2,8% il prossimo anno e del 3% quello successivo (dal +2,6% del 2015). In tutto ciò a diminuire sarà il contributo all'incremento del Pil dei mercati emergenti, che si attesterà ai livelli più bassi dal 2000.
Che alcuni mercati non siano, oggi, considerati appetibili come un tempo, è quanto fa presagire la decisione di Goldman Sachs, da sempre convinta sostenitrice degli investimenti nei cosiddetti Brics (Brasile, India, Russia, Sudafrica). La banca, infatti, ha chiuso il fondo dedicato (che nell'ultimo periodo ha perso una quota consistente del suo valore) per incanalarlo in un secondo strumento di investimento, legato ai mercati emergenti in senso più generico. La fine di un'era, secondo il Financial Times.