Di recente l'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha diffuso un importante studio sulla spesa sanitaria, il rapporto Health at a Glance 2015, da cui emerge un quadro a tinte fosche.
In generale la spesa sanitaria, in molti casi proprio a causa della crisi che ha talvolta "imposto” tagli e revisioni dei costi, aumenta ad un ritmo più lento rispetto ad alcuni fa, in sostanza in linea con la crescita altrettanto lenta del Pil. E in paesi come Italia e Portogallo si evidenzia (anno di riferimento il 2013) un calo per il terzo anno di fila. Quattro anni in discesa, invece, per la Grecia.
La conseguenza, avverte l'Organizzazione, è che "la qualità dell'assistenza sanitaria sta migliorando troppo lentamente per far fronte all'invecchiamento della popolazione e a crescente numero di persone con uno o più malattie croniche".
Ma nello specifico, cosa è successo nel nostro paese? Presto detto: con la crisi economica l'Italia ha adottato misure di riduzione della spesa pubblica, in particolare agendo su quella farmaceutica che dal 2009 al 2013 è diminuita del 3,2%. Ad ogni modo si è compensato con il ricorso ai farmaci generici, che è quadruplicato dal 2000 ad oggi. Ciononostante l'Italia occupa le ultime posizioni per la quota di mercato, con il 19% in volume e l'11% in valore contro le medie Ocse che risultano essere rispettivamente del 48% e del 24%.
Tutto sommato la qualità delle cure resta in Italia più alta che altrove e le aspettative di vita sono buone. A destare preoccupazione, piuttosto, sono gli indicatori di salute all'età di 65 anni, che in questo caso risultano invece essere tra i peggiori dell'area Ocse. Allo stesso modo i tassi di obesità e sovrappeso sono anch'essi tra i più alti. Questo potrebbe significare, nel prossimo futuro, un aumento della domanda di assistenza sanitaria. Dunque più costi sociali. E un italiano su dieci, sostiene il rapporto Ocse, non si reca dal dentista per motivi economici.