Luci ed ombre dei “millenials”, giovani a due velocità
I lavoratori tra i 18 e i 34 anni sono i più intraprendenti, ma non sempre le condizoni economiche e sociali risultano favorevoli
La cifra, nel suo complesso, ammonta a 4,8 miliardi di euro: è quanto i genitori hanno dovuto sborsare nel 2014 per offrire un aiuto ai figli che vivono per conto proprio – i cosiddetti "millenials", ovvero i giovani tra i 18 e i 34 anni – alle prese con difficoltà quotidiane, tra lavori precari e spese obbligate da sostenere.
I dati, sebbene in apparente contraddizione rispetto a quelli descritti pochi giorni fa, fotografano le due velocità che caratterizzano la vita dei "millenials”. Da un lato, emerge dalle indagini del Censis, giovani intraprendenti e innovatori (hanno aperto 300 imprese al giorno nel secondo trimestre del 2015); dall'altro giovani che necessitano ancora dell'aiuto della famiglia di origine.
La platea di quanti hanno dovuto richiedere tale sacrificio ai genitori è di 948 mila giovani, sui 4,4 milioni che vivono da soli. Sono coloro, infatti, che non riescono a coprire le spese mensili con il proprio reddito.
Il Censis, che ha realizzato lo studio per il Forum Ania-Consumatori, spiega che il reddito familiare medio dei millenials è di 22,9 mila euro l'anno, una cifra inferiore di oltre settemila euro al reddito familiare medio annuo degli italiani. In più, fa notare ancora il Censis, sono oltre 2,7 milioni i giovani "perseguitati dall'incubo delle bollette di luce, gas telefono fisso e mobile, e in 623 mila quelli il cui equilibrio finanziario è intaccato dalle spese condominiali”. Non solo: oltre l'81% del campione dichiara di aver dovuto rinunciare, o rinviare, anche prestazioni o consumi di welfare.
Si tratta, ad ogni modo, di una situazione che deriva anche dalle condizioni occupazionali. Ad esempio, osservava sempre il Censis nell'indagine presentata ad Expo, sono 2,3 milioni i millenials che svolgono un lavoro di livello più basso rispetto alla propria qualifica e competenze.
Allora tornano alla memora alcuni dati Ocse di qualche tempo fa: la disoccupazione giovanile in Italia nel 2014 è aumentata di 2,7 punti rispetto al 2013, arrivando a quota 42,7%. Nel 2007 tale soglia si fermava al 20,4%. Inoltre, più di una persona su quattro di età uguale o inferiore ai 29 anni non risulta né occupata né in educazione (sono i cosiddetti "neet").
Ma l'aspetto più interessante, per così dire, riguarda la qualità del lavoro che coinvolge i più giovani. Perché nel nostro paese è continuata a crescere in maniera costante la percentuale di lavoratori under 25 con contratti precari, che dal 52,7% del 2013 è passata al 56% nel 2014. Rispetto al periodo pre-crisi (2007), poi, la percentuale è aumentata di quasi 14 punti percentuali e di quasi trenta punti dal 2000.
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