Si apre la stagione di prosa del Teatro Manzoni di Milano con "La grande guerra di Mario", spettacolo con Edoardo Sylos Labini e Debora Caprioglio che sarà in scena dal 22 ottobre all'8 novembre. Una storia di amicizia e amore nel contesto della Prima guerra mondiale, avendo come spunto il celebre film di Mario Monicelli. "Dopo tanti personaggi famosi ho voluto omaggiare i tanti eroi popolari che la storia ha dimenticato" dice Sylos Labini a Tgcom24.
Siamo al fronte. Mario, soldato semplice di fanteria, romano sottoposto al militarismo insensato del suo superiore, il capitano Corti, combatte la propria battaglia di sopravvivenza con Ambrogio, brianzolo, fragile e sognatore, e Gennaro, napoletano, disincantato. Con Loro il resto della truppa, un battaglione di giovani fanti. Poco lontano dalla prima linea, Adalgisa, vedova di guerra, e prostituta sotto falso nome. I due progettano di disertare, ma... il finale lo lasciamo allo spettatore. A curare la drammaturgia dello spettacolo, come nei precedenti di Sylos Labini, c'è Angelo Crespi, mentre la regia è dello stesso Sylos Labini. "La grande guerra di Mario" è patrocinato dal ministero della Difesa e in occasione della prima ci sarà la fanfara dei bersaglieri, mentre per tutta la prima settimana di rappresentazioni saranno in mostra tutte le divise dell'esercito dal '15/'18 a oggi.
Dopo D'Annunzio e Nerone, questa volta al centro della storia non c'è un personaggio storico. Come mai?
Dopo tanti personaggi celebri volevo raccontare la vicenda di uno sconosciuto, un personaggio popolare. La storia della Prima guerra mondiale è piena di eroi e antieroi di cui nessuno si ricorda. Ci furono 650 mila morti e molti morirono per salvare il proprio battaglione o i propri affetti. Nessuno si ricorda di loro, qualcuno ha avuto a malapena il nome scritto in una tomba collettiva, qualcuno nemmeno quello.
Nel titolo viene citato il film di Monicelli. Quanto c'è di quella storia nello spettacolo?
Parto sempre da un saggio. Nel caso di D'Annunzio era stato il libro di Giordano Bruno Guerri, per Nerone lo spunto era stato il libro di Massimo Fini. In questo caso a dare il "la" è stato il capolavoro di Monicelli. E' interessante perché racconta di come due pavidi si riscattino quasi inconsapevolmente. Il mio Mario invece si immola da eroe, cosciente, quasi in una catarsi. Quello che resta è il linguaggio della commedia: questo è uno spettacolo in cui si ride molto.
Rispetto al film una grossa differenza è rappresentata dal personaggio interpretato da Debora Caprioglio.
Debora è il Deus ex machina. Se nel film la relazione era tra un soldato romano e uno milanese, in questo caso il soldato romano interagisce con una prostituta veneta. I due si innamorano e lei cerca in ogni modo di convincerlo a diseratare. L'asse dell'amicizia si sposta su quello del cameratismo e dell'amore. Con un finale diverso.
Una caratteristica dei tuoi spettacoli precedenti era quella di avere un dj sul palco che sottolineava musicalmente alcuni momenti.
Sì, in questo caso non ci sarà il dj, ma la musica è comunque presente. Abbiamo un quartetto che canta a cappella i canti della tradizione alpina, canzoni che hanno significato tantissimo e che si vanno perdendo.
Oltre al quartetto ci sono in scena altri sei attori. Quanto è importante per te?
L'impatto visivo è fondamentale. Lo spettatore deve vedere un bell'allestimento e costumi curati. Tanto questi che le scene sono curati da Marta Grisolini Malatesta.
PER INFORMAZIONI
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