Dopo l'allarme lanciato dal ministero della Salute per il drastico calo delle vaccinazioni in Italia, a rinnovare il timore per le malattie "dimenticate" è uno studio firmato Waidid, l'Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici. Ogni anno si registrano tra i 20 e i 50 milioni di casi di pertosse e circa 300mila decessi tra neonati e bambini. Tra i Paesi più colpiti figurano quelli europei, con un caso ogni 100mila.
Secondo gli esperti, se non verranno effettuati interventi mirati, "il trend sarà destinato ad aumentare". Il tutto perché "i genitori tendono a vaccinare meno i figli ma anche a non sottoporli ai successivi richiami previsti", spiega Susanna Esposito, presidente di Waidid.
In Italia è previsto che i neonati siano vaccinati contro la pertosse a partire dal terzo mese di vita, "ma per proteggere davvero i bimbi così piccoli è fondamentale che vengano effettuati i richiami nel primo anno di vita e anche da adolescenti". La vaccinazione e anche l'infezione naturale, infatti, "non conferiscono un'immunità permanente e per restare protetti sono necessari richiami ogni 5-10 anni".
Spesso, però, questo non accade. "In Italia, la copertura vaccinale contro la pertosse appare discreta nel primo anno di vita ma tra gli adolescenti è decisamente modesta", sottolinea la Esposito. Tuttavia, "se negli adolescenti non è una malattia pericolosa, il rischio è ben più alto tra i neonati.
La scadenza dei richiami nel resto del mondo - Per potenziare la cosiddetta "immunità di gregge", l'associazione raccomanda ai genitori di "non abbassare la guardia quando i figli crescono". In Europa e nel mondo, il piano vaccinale contro la pertosse è diversificata. Se in Italia il vaccino viene somministrato nel primo anno di vita, a 5 anni e a 11, in Gran Bretagna e Stati Uniti, per proteggere i neonati, è stato introdotto anche per le donne incinte. In Austria e Norvegia, invece, è previsto un richiamo ogni 10 anni anche da adulti.