Dopo l'animata seduta di venerdì, il Senato ha approvato definitivamente l'articolo 2, che stabilisce la futura composizione di Palazzo Madama. In precedenza era passato l'emendamento Finocchiaro che recepisce l'accordo tra maggioranza e minoranza Pd. Secondo la norma, i senatori-consiglieri regionali dovrebbero essere ratificati dai "parlamentini" locali sulla base di listini ricavati dalle indicazioni degli elettori.
Il Senato approva dunque l'articolo 2 del ddl Boschi, il cuore della riforma: esso infatti stabilisce che il futuro Senato sarà espressione degli enti territoriali, benché i senatori avranno una legittimazione degli elettori. Passa anche l'emendamento di Anna Finocchiaro frutto dell'accordo dentro il Pd e nella maggioranza. Ma mentre quest'ultimo ha ricevuto 169 sì, l'articolo 2 è stato approvato con 160, uno in meno della maggioranza assoluta, come hanno sottolineato Fi e i Conservatori di Fitto. Mancano poi all'appello sette centristi che non hanno partecipato al voto.
Scoppia la pace nel Pd - La pace interna al Pd è stata dimostrata plasticamente dal fatto che il capogruppo Luigi Zanda abbia affidato a due esponenti della minoranza, Federico Fornaro e Paolo Corsini, la dichiarazione di voto a nome del gruppo sia sull'emendamento Finocchiaro che sull'articolo 2 nel suo complesso. L'emendamento stabilisce che i futuri senatori saranno sì eletti dai Consigli Regionali tra i propri membri, ma "in conformità alle scelte degli elettori" che si esprimeranno secondo i meccanismi di una successiva legge elettorale. Fornaro e Corsini hanno parlato di un "compromesso in senso alto": "Compromesso non è una parola impronunciabile - ha detto Fornaro - è il cemento di ogni buona Costituzione", come quella del 1948. E Finocchiaro ha sostenuto che si tratta di una mediazione non solo interna alla maggioranza, ma anche con le posizioni di chi proponeva un Senato delle garanzie e non espressione delle Regioni: "non è la vittoria di uno e la sconfitta di un altro".
Maggioranza compatta - Dopo l'approvazione dell'emendamento Finocchiaro con 169 sì, 93 no e 3 astenuti, e quindi con 76 voti di scarto, molti nella maggioranza hanno sottolineato la "compattezza" della coalizione stessa, dal renziano Andrea Marcucci al capogruppo di Ap Renato Schifani passando per Zanda. I due senatori della minoranza Dem contrari alla riforma, come Walter Tocci e Corradino Mineo, hanno appoggiato quel testo, facendo poi mancare il loro sì quando si è votato l'articolo 2.
Le critiche delle opposizioni - Le opposizioni, da Paolo Romani e Maurizio Gasparri di Fi, fino a Francesco Bruni dei Conservatori, hanno sottolineato che non è stata superata l'asticella della maggioranza assoluta, che sarà richiesta per la successiva e definitiva lettura di Senato e Camera. Romani e Gasparri hanno addirittura alluso alla possibilità che Renzi salga al Quirinale. "Capisco le difficoltà di chi fa fatica a tenere insieme un partito che continua a perdere pezzi - ha replicato Giorgio Tonini del Pd - ma consiglierei a Romani di non fare inutili dichiarazioni". Anche l'assenza di alcuni senatori di Ncd (Giovanardi, Formigoni e Compagna) viene interpretata da taluni come "un segnale" al governo, da altri come una semplice anticipazione dell'uscita, visti la larga differenza di voti con le opposizioni.
Il ministro Boschi non ha commentato con i giornalisti. Con i senatori, seppur mostrandosi soddisfatta, ha sottolineato che occorre ancora lavorare. Anche perché Calderoli minaccia di iniziare solo ora "la vera opposizione" se non gli si daranno "già lunedì in Aula" le risposte su tre temi: funzioni del Senato, delle Regioni e sulla finanza degli Enti locali. Suoi sono 300mila emendamenti sull'articolo 10 e preannuncia una mossa "da lui denominata del gambero" per aggirare il canguro.