Alla vigilia del Sinodo sulla famiglia, scuote il Vaticano l'intervista rilasciata al Corriere della Sera di monsignor Krzysztof Charamsa, il teologo ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. "Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità", afferma Charamsa. "Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi", aggiunge.
Le accuse all'ex Sant'Uffizio: "Omofobia paranoica" - In conferenza stampa, il teologo ha dichiarato: "Devo parlare di ciò che ho subito al Sant'Uffizio, che è il cuore dell'omofobia della Chiesa cattolica, un'omofobia esasperata e paranoica". E ancora: "Dedico il mio coming out ai tantissimi sacerdoti omosessuali che non hanno la forza di uscire allo scoperto. Ci sono tantissimi gay anche in Vaticano. In ogni società di soli uomini ci sono più gay".
Il Vaticano: "Lascerà i suoi incarichi" - Non si è fatta attendere la presa di posizione del Vaticano. Il responsabile della Sala stampa, padre Federico Lombardi, ha infatti criticato pesantemente monsignor Charamsa e ha annunciato che gli saranno tolti i suoi incarichi nella Santa Sede. "La scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia dell'apertura del Sinodo - ha detto - appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l'assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica". Charamsa lascerà dunque i suoi compiti "presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie".
Il monsignore: "La Chiesa apra gli occhi" - Il teologo gay auspica da parte sua invece che la Chiesa apra gli occhi "di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l'astinenza totale dalla vita d'amore, è disumana". Il sacerdote vuole "scuotere un po' la coscienza di questa mia Chiesa", "perché siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant'anni".
"Dunque dico alla Chiesa chi sono", dice, e "che l'amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Una coppia di lesbiche o di omosessuali deve poter dire alla propria Chiesa: noi ci amiamo secondo la nostra natura e questo bene del nostro amore lo offriamo agli altri. Non sono posizioni dell'attuale dottrina, ma sono presenti nella ricerca teologica".