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Siria, raid aerei russi sulla città dove l'Isis ha ostaggi cristiani

Gli americani valutano intanto di proteggere dagli attacchi aerei i ribelli addestrati negli Usa, ma temono di innescare in questo modo un'escalation di contatti armati

ansa

I jet russi hanno bombardato Qaryatain, città siriana nella provincia di Homs controllata dall'Isis, dove decine di cristiani, tra i quali padre Jacques Murad, sono praticamente tenuti in ostaggio. Nelle ultime 24 l'aviazione militare russa ha effettuato 18 raid contro 12 obiettivi dei terroristi, distruggendo tra l'altro un posto di comando, un nodo di comunicazione, bunker, depositi di armi e carburanti e un campo di addestramento dell'Isis.

Il Pentagono sta intanto "valutando" se gli Stati Uniti debbano usare la forza militare per proteggere i ribelli anti-Assad da essi addestrati in Siria, se questi vengono bersagliati dai raid della Russia. Lo si apprende da fonti ufficiali del dipartimento della Difesa Usa, anche se finora il segretario alla Difesa, Ash Carter, ha rifiutato di parlarne. Il timore è che fra Russia e Stati Uniti si inneschi una pericolosa escalation di contatti armati. Secondo le fonti americane, si sta discutendo del progetto tra i vertici militari e i dirigenti politici del Pentagono, dove si valutano i pro e i contro e i rischi connessi a un'eventuale uso della forza in risposta agli attacchi russi.

Del resto già nei mesi scorsi si era detto che i ribelli addestrati in America (un'ottantina è operativa in territorio siriano, soprattutto nel nord) avrebbero ricevuto appoggio dalle forze aeree nel caso di attacchi da parte delle truppe di Assad o dell'Isis.

E mentre Washington ha nuovamente insistito perché i raid russi si concentrino solo ed esclusivamente sull'Isis e non sui ribelli opposti al regime di Assad (fra i quali ci sono anche quelli addestrati dagli Usa), anche gli alleati degli americani (Francia, Germania, Gran Bretagna, Qatar, Arabia Saudita e Turchia) hanno chiesto al Cremlino la stessa cosa. E in un comunicato congiunto reso noto dal ministero degli esteri di Ankara hanno espresso la preoccupazione che l'intervento militare russo "finisca per dare forza all'estremismo e alla radicalizzazione".

da parte sua Mosca, che continua a sostenere che gli attacchi sono diretti contro l'Isis e non contro i ribelli, ha atto sapere che i raid potrebbero durare tre-quattro mesi, anche se il presidente della Commissione Esteri della Duma, Alexei Pushkov, ammette che "c'è sempre il rischio di rimanere impantanati". In ogni caso, al di là della durata delle operazioni, "credo che l'aspetto importante sia l'intensità: se le operazioni vengono condotte in modo più efficace sarà possibile vedere risultati".

E mentre Russia e Occidente si muovono nello scenario mediorientale, interviene anche il leader ceceno Ramzan Kadyrov. Che vuole mandare i suoi soldati in Siria a combattere contro l'Isis: "Non dico così per dire, chiedo che ci permettano di andare e partecipare a queste operazioni speciali". Ma la decisione spetta al comandante supremo Vladimir Putin.

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