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Delitto Pordenone, l'indagato si difende: "Non c'entro, troveranno chi è stato"

Ruotolo: "Non ho un alibi? Non vuol dire che io sia colpevole". Intanto i Ris confermano che la pistola trovata nel lago è quella del duplice delitto

tgcom24

"Io non c'entro ma è giusto che indaghino, così verranno eliminati tutti i dubbi". Giosuè Ruotolo, unico indagato per il delitto di Pordenone, dove il 17 marzo vennero uccisi Teresa Costanza e il fidanzato Trifone Ragone, si difende e ai microfoni di Newsmediaset si dice fiducioso: "Troveranno il colpevole. Io e Trifone eravamo amici. Ho portato la bara? Sì, mi sembrava giusto farlo". Sulla mancanza di alibi: "Non vuol dire che sono colpevole".

Ruotolo è stato iscritto nel registro degli indagati per poter nominare un perito durante alcuni accertamenti irripetibili sul caricatore della pistola Beretta 7.65 rinvenuta nei giorni scorsi. Se ci fossero riscontri come tracce di Dna o impronte, sarebbe la prova che al momento manca agli investigatori: l'accusa si basa infatti su alcuni riscontri circa la presenza dell'auto dell'indagato in zona ed anche da tracce lasciate dal telefonino.

Intanto dagli ambienti investigativi viene comunicato che la pistola rinvenuta nel laghetto del parco di San Valentino è proprio quella usata per commettere il duplice omicidio. La comparazione tra l'arma e i bossoli rinvenuti sulla scena del crimine, comunicano dagli ambienti investigativi, è già stata fatta nei giorni scorsi dai Ris di Parma e ha dato esito positivo.

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