In punta di piedi si entra nella vita di una ragazza dalla forza straordinaria, il cui cuore freme di speranza per il futuro. Questa ragazza, tavola dopo tavola, diventa donna in un Giappone alle prese con le due guerre. Il suo nome è Tomoji e dà il titolo alla nuova opera a fumetti di Jirô Taniguchi, "Si chiamava Tomoji". Così, facendo un salto nella campagna giapponese agli inizi del XX secolo, la incontriamo a tredici anni, mentre torna a casa dopo la scuola. Da quella stessa casa è appena uscito Fumiaki Itô, 19 anni, che si allontana con la sua macchina fotografica in spalla. Il richiamo di un falco echeggia d'improvviso e gli occhi dei due giovani scrutano all'unisono l'azzurro terso tra le nuvole. Non sanno l'uno dell'altro, non sanno di essere così vicini, non sanno che da quel momento li unirà una sottile e inconsapevole connessione cerebrale. Le loro vite, infatti, si incroceranno sette anni dopo, e confluiranno in una delicata e dolcissima storia d'amore. Ispirandosi all'esistenza di due personaggi reali, e cioè i fondatori di un'importante branca religiosa del buddismo, l'ultimo lavoro della matita di Taniguchi ci immerge nell'atmosfera di quel lontano Giappone dai ritmi scanditi dalle stagioni e dal lavoro della terra.
Si chiamava Tomoji
di Jirô Taniguchi
pagine 176
euro 16
Rizzoli Lizard