Su cento edifici scolastici, 40 hanno una manutenzione carente per cui sono più le cose rotte che quelle che funzionano. 20 hanno lesioni strutturali serie e nel 50% dei casi nessuno ci ha ancora messo mano. Ma la madre di tutte le grane è che metà delle scuole italiane è stata costruita in aree a rischio sismico e una su dieci a rischio idrogeologico, con buona pace di chi a suo tempo ha dato le autorizzazioni edilizie. A leggere il malloppone del XIII Rapporto di Cittadinanzattiva sulla sicurezza delle scuole, sono queste le emergenze rilevate da Skuola.net. Tanto più che il dramma è ormai annoso, così come lo sono le promesse di intervento.
Oggi il quadro di politica scolastica su questi temi è diverso rispetto a quello di un anno fa, perché a giugno è stata attivata l'Anagrafe degli edifici scolastici e perché- soprattutto –nella legge sulla “buona scuola” c'è un piano di intervento triennale proprio sull'edilizia. Ma i miracoli non si fanno in pochi mesi e così – rileva il Rapporto – la situazione effettiva è ancora a carissimo amico. Come i dati evidenziano impietosamente. Il 73% delle scuole monitorate è situato in zona a rischio sismico, il 14% in zona a rischio idrogeologico, il 4% in zona a rischio industriale, il 5% a rischio vulcanico, il 5% in zona a elevato inquinamento acustico.
Quaranta edifici su cento non sanno cosa sia la manutenzione: il 21% presenta lesioni strutturali serie e pericolose. Il 15% delle aule mostra distacchi di intonaco o segni di fatiscenza. Sono rotti o inutilizzabili il 20% dei banchi e il 18% delle sedie, mentre metà degli arredi non è a norma. I presidi –beninteso - protestano e supplicano, ma gli “enti proprietari” (comuni o province) fanno orecchie da mercante in quasi un caso su 5. Il preside del Liceo Troja di Andria – per esempio - ha invitato i ragazzi a portarsi sedia e banco da casa perché ne mancano all'appello 60 e la scuola non può comprarli.
E ancora: un quinto de cortili scolastici funge da deposito merci di varia natura ed ha una recinzione fatiscente. Il 42% dei bagni è sprovvisto di carta igienica (è la cosa di cui ci si lamenta di più) , il 53% di sapone, il 77% di asciugamani e il 49% di scopini per il wc. Le scale di sicurezza mancano in una scuola su quattro, le vetrate sono a norma solo in un terzo dei casi , le porte con apertura antipanico sono assenti nel 74% delle aule, nell'89% dei bagni, nel 65% delle aule computer, nel 54% dei laboratori, nel 47% delle mense e nel 37% delle palestre e anche nel 15% dei cortili dove sarebbero obbligatorie per legge. E via elencando, in una pianto greco che non risparmia neppure la sicurezza degli impianti elettrici e di quelli antincendio oltre ai sistemi di accessibilità per i disabili. Con il risultato che solo lo scorso anno si sono registrati 340 incidenti.
Come se non bastasse ci si mettono i “bulli” a dare il colpo di grazia: “gli episodi di bullismo – lamenta il Rapporto - nell'ultimo anno hanno interessato il 36% degli istituti monitorati (lo scorso anno era solo il 10%). Una scuola su tre ha subito nell'ultimo anno atti di vandalismo, il 14% anche episodi di criminalità all'interno e il 9% nei pressi dell'edificio”. E sui finanziamenti ricevuti con #scuolebelle (il piano ministeriale per restituire gli edifici scolastici al proprio decoro – ndr) , i dirigenti ringraziano ma rilanciano: “uno su tre – dice Cittadinanzattiva - non aveva richiesto quel tipo di interventi e sette su dieci dichiarano che la propria scuola aveva bisogno di interventi ben più urgenti”. Insomma, troppa grazia Sant'Antonio, e soprattutto non quella invocata.
“Vorremmo poter condividere l'ottimismo del Ministero dell'Istruzione quando afferma che con l'Anagrafe “conosciamo le condizioni di ogni edificio scolastico” e che in quattro anni tutte le scuole saranno sicure”, commenta Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale scuola di Cittadinanzattiva. “In realtà l'Anagrafe dell'edilizia scolastica, come dimostriamo oggi, presenta dati, per una parte dei comuni e delle regioni, ancora approssimativi, non aggiornati, poco chiari. Meglio evitare toni rassicuranti sulla sua reale efficacia e sullo stato delle scuole italiane. Chiediamo agli amministratori e ai dirigenti di comuni e regioni, soprattutto del Sud e delle Isole, di fare la loro parte sull'edilizia scolastica. Se esiste un gap geografico tra i finanziamenti erogati molto è dovuto alla capacità e alla competenza delle amministrazioni locali di decidere prima e di investire poi su questa grave emergenza. Pur apprezzando l'impegno dimostrato dal Governo sull'edilizia scolastica con il piano triennale di finanziamenti e i provvedimenti contenuti nella Legge n.107/2015, chiediamo allo stesso di modificare ciò che si dimostri non efficace, come gli interventi di "scuole belle”, di considerare i cittadini e le organizzazioni impegnate su questo fronte alleati preziosi e non disturbatori indesiderati, di vigilare con controlli diretti e sanzioni adeguate per chi speculasse sulla sicurezza dei bambini”.
In conclusione un dato geografico ampiamente prevedibile, e cioè che tutto questo al Sud è ancora peggio: "Abbiamo appurato – dice il Rapporto - che le maggiori lacune si registrano proprio per le scuole appartenenti alle 6 regioni che hanno provveduto ad inserire i dati solo dalla fine di giugno: Campania, Sicilia, Lazio, Sardegna, Basilicata, Calabria".