Era un uomo violento, lo aveva riconosciuto lo stesso gip che gli aveva dato i domiciliari, ma Nunzio Annunziata, il trentaseienne che ha ucciso a Terzigno l'ex compagna, Vincenza Avino, non era stato ritenuto pericoloso dal Tribunale del Riesame di Napoli che aveva trasformato, lo scorso 23 luglio, la misura cautelare in un divieto di avvicinamento. La vicenda ha poi avuto il triste epilogo il 14 settembre, quando l'uomo ha ucciso per strada la donna che lo aveva lasciato nove mesi fa e che continuava a minacciare e perseguitare.
"Non si può ritenere che, dagli atti fin qui acquisiti, emerga una personalità allarmante e incontrollabile dell'indagato da far ritenere del tutto inimmaginabile un suo comportamento collaborativo": con queste parole, il 23 luglio, il Tribunale di Napoli revocò gli arresti domiciliari a Nunzio Annunziata, che ha poi ucciso il 15 settembre a Terzigno, per strada, Vincenza, Enza per i suoi.
La donna, contro di lui, aveva presentato una serie di denunce, l'ultima, prima della morte, di tentato omicidio, stalking e violazione di domicilio. "Un giudice davanti a quella denuncia che cosa doveva fare?", si chiedono i genitori della vittima, che non si danno pace.
Eppure, Annunziata era finito ai domiciliari con questa motivazione: "Ha perso ormai una qualunque forma di controllo dimostrando una completa allarmante mancanza di freni inibitori". Ma questa considerazione del gip non è bastata a fermare quella mano assassina, tornata libera perché ritenuta da altri togati "non pericolosa".