PAROLA ALL'ESPERTO

Trapianto di fegato da donatore a cuore fermo: "Nuove prospettive"

Il Professor Luciano De Carlis in un'intervista a Tgcom24: "In futuro potrà regalare una possibilità in più a chi è in attesa di un trapianto”

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Una tipologia di trapianto innovativa che in futuro potrebbe consentire di aumentare il numero dei donatori e abbattere i tempi d'attesa. "Non è una procedura nuova quella che abbiamo adottato, lo è l'ambito di applicazione" spiega a Tgcom24 il Professor Luciano De Carlis, che con la sua equipe all'Ospedale Niguarda di Milano, ha eseguito il primo trapianto di fegato da donatore a cuore non battente secondo una procedura mai utilizzata prima in Italia per questo tipo di organo.

"Il macchinario utilizzato per ossigenare gli organi viene adottato da decenni per recuperare le funzionalità respiratorie in pazienti vivi con gravi insufficienze; la novità sta nell'utilizzarlo su pazienti deceduti - continua il professor De Carlis - Si aprono, quindi, prospettive interessanti, perché l'ossigenazione post-mortem degli organi addominali consente di considerare donatore anche chi ha subito una morte per arresto cardiaco e non solo cerebrale, portando a un incremento delle donazioni, auspicabilmente anche del 10% in più. Per ora siamo in una fase iniziale e solo le strutture più avanzate sono attrezzate per questa complessa procedura, che richiede la presenza di equipe esperte e conoscenze specifiche. Non escludo, però, che nel prossimo futuro si possa estendere a più centri, regalando una possibilità concreta a chi è in attesa di un trapianto".

"E' un procedimento – continua il professor De Carlis - già adottato negli Stati Uniti, in Spagna e in Inghilterra, dove però la morte viene accertata dopo cinque minuti dall'avvenuto arresto cardiaco e non dopo i 20 minuti richiesti dalla legge italiana. I trapianti, solitamente, si effettuano da donatori viventi o che hanno subito una morte encefalica, perché gli organi sono ossigenati, cosa che non accade in pazienti deceduti per arresto cardiaco".

"In questo caso specifico l'espianto è avvenuto da un donatore in arresto cardiaco, rianimato più volte al Policlinico San Matteo di Pavia – prosegue il professor De Carlis - Dichiarato il decesso, dopo i 20 minuti di assenza di attività cardiaca che concludono l'accertamento di morte nel nostro Paese, si è provveduto all'ossigenazione post-mortem degli organi addominali del donatore, attuata per quattro ore grazie a particolari tecniche di circolazione extracorporea (Extra Corporeal Membrane Oxygenation). Quando i dati specifici ci hanno confermato l'avvenuta ri-ossigenazione del fegato, abbiamo provveduto all'espianto dell'organo, al trasporto e al reimpianto in un paziente all'Ospedale Niguarda".