Quello eseguito martedì mattina su Platinette a Parma è soltanto l'ultimo caso dell'impianto di un "palloncino intragastrico" per perdere peso. Si tratta di un'operazione poco più invasiva di una gastroscopia che in sei mesi riesce a far perdere fino al 59% del grasso in eccesso. In Italia invece, dove lo si esegue da 30 anni, ci vogliono da una a due notti di ospedale per dar modo alla struttura di ottenere il rimborso dal Servizio sanitario.
All'inizio veniva usato solo come preparazione alla chirurgia bariatrica nei grandi obesi (riducendone i rischi anestesiologici e chirurgici). Oggi il palloncino intragastrico viene invece sempre più proposto come prevenzione nei pazienti in sovrappeso grave o in obesità leggera, con un indice di massa corporea (Bmi) di almeno 27, per evitare che diventino grandi obesi (con Bmi di 40 e oltre).
Un valido aiuto contro i chili di troppo, ma... - Si tratta, in particolare, di inserire per via endoscopica nello stomaco del paziente un pallone (sgonfio) di silicone, che viene poi riempito di liquido fisiologico, fino a pesare 500 grammi. "Questo strumento - spiega Alfredo Genco, del Dipartimento di Endoscopia Chirurgica del Policlinico Umberto I di Roma - permette di avvertire prima il senso di sazietà e diminuisce, quindi, il desiderio di introdurre grandi quantità di cibo". E avverte: "Il suo uso è però limitato a sei mesi, perché l'acidità dei succhi gastrici lo corrode. Ma dopo un certo tempo se ne può inserire un altro".
L'importanza del "dopo": la dieta e lo stile di vita - Le reali difficoltà e rischi connessi all'impianto, come in molti altri casi, si presentano "dopo", quando il paziente rimane solo con se stesso e deve continuare una dieta (circa 1200 calorie al giorno) e uno stile di vita (molta attività fisica) per mantenere i risultati raggiunti. Per questo, al percorso iniziato col palloncino viene associato un programma di supporto di 12 mesi, fornito da un team di esperti, inclusi dietologo e psicologo.
Il palloncino è solo l'inizio - "Il ricorso al palloncino intragastrico è un valido aiuto, una sorta di volano per avviare un processo - fa osservare Marina Biglia, Presidente dell'Associazione Amici Obesi Onlus - ma rappresenta il 50% della soluzione". Il restante 50% - conclude - è nelle mani del paziente, che deve cambiare il modo di rapportarsi al cibo".