Sono ore di trattative per il Partito democratico: è ripreso in commissione Affari costituzionali del Senato l'esame della tanto discussa riforma di palazzo Madama, e la posta in gioco è davvero alta. Sul tavolo la tenuta stessa del governo se i numeri, stavolta, non dovessero essere dalla parte di Matteo Renzi. Duqnue, è iniziata la conta.
Lo scontro. Il nodo principale di tutto l'impianto resta l'articolo 2 del ddl Boschi: i senatori non saranno eletti direttamente dai cittadini, ma saranno scelti nei consigli regionali. Punto sul quale è in atto sia uno scontro tutto intestino ai democratici, con la minoranza dem che chiede invece di lasciare intatta l'elettività dei senatori, sia una guerra dei numeri che coinvolge anche un'opposizione compatta. Dunque è inevitabile che la questione politica del Partito democratico abbia ripercussioni sugli aspetti tecnici, anzi, in questo caso puramente numerici. Facciamo un po' di conti, con tanto di pallottoliere alla mano.
Il quorum. I senatori sono 321 (315 eletti e sei senatori a vita: due presidenti emeriti, Napolitano e Ciampi, e quattro senatori nominati per meriti: Piano, Rubbia, Cattaneo, Monti). La maggioranza assoluta dell'assemblea è fissata a 161 voti. La maggioranza ha sulla carta circa 182 voti: 112 senatori del Pd (113 con il presidente Grasso che, però, per prassi, non vota mai), 35 senatori di Ap (Ncd-Udc), 19 del gruppo Psi-Autonomie (dove siedono tutti 5 senatori a vita, tranne Monti, che sta nel Gruppo Misto), 10 del neonato gruppo Ala (i verdiniani), cinque senatori su 30 del gruppo Misto che votano di prassi con il governo ; almeno due senatori del gruppo Gal che in genere sostiene la maggioranza.
Gli scenari. In questa votazione dalla maggioranza vanno sottratti 25 senatori "ribelli" del Pd (in realtà i firmatari degli emendamenti sul Senato elettivo sono 28, ma la minoranza conta su un numeto più basso di voti, ndr): quindi si arriva a quota 157.La conta delle opposizioni, invece, arriva a quota 167: e cioè 45 di Forza Italia, 12 della Lega, 10 dei fittiani, 25 del gruppo misto, 9 di Gal e 1 (D'Anna). Ecco perchè si cerca di trovare una mediazione.
Il listino. L'ultima idea di accordo è stata partorita dall'ex ministro Quagliariello (Ncd), recepita dalla presidente della commissione Finocchiaro e adottata dai tecnici del ministro alle Riforme Boschi e di palazzo Chigi. Si tratta di un'elezione "semidiretta" dei senatori e cioè di "contaminare" il nuovo Senato con il voto popolare. L'ipotesi del 'listino' prevede un elenco di consiglieri regionali 'speciali' che, una volta eletti e 'se' eletti, vanno a comporre di diritto il nuovo Senato che resterebbe ancorato a una forma di elettività di secondo grado. I partiti, ovviamente, sceglierebbero i nomi del listino e cioè dei senatori che ognuno manderebbe a Roma, sempre 'se' eletti all'interno del consiglio regionale.
La nuova composizione del Senato. Se va in porto la riforma (la cui approvazione definitiva è cmq prevista a marzo 2016) a Palazzo Madama siederanno in 100 invece dei 315 di oggi, così ripartiti: 74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 personalità illustri nominate dal presidente della Repubblica. Saranno i Consigli regionali a scegliere i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti. Inoltre le regioni eleggeranno ciascuna un altro senatore scegliendolo tra i sindaci dei rispettivi territori, per un totale, quindi, di 21 primi cittadini che arriveranno a Palazzo Madama. La ripartizione dei seggi tra le varie Regioni avverrà "in proporzione alla loro popolazione" ma nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. La durata del mandato di questi ultimi sarà di sette anni e non sarà ripetibile.