Ciò che prima era considerato ai limiti della fantascienza, oggi sta diventando un importante traguardo della medicina. Presto, infatti, tornare a vedere sfruttando delle protesi tecnologiche, potrebbe essere finalmente possibile. Questo, almeno, è ciò che suggeriscono gli incoraggianti risultati ottenuti in Gran Bretagna, dove un paziente è tornato a distinguere le sagome del mondo che lo circonda.
L'intervento di impiantologia - durato appena 4 ore - è stato eseguito al Manchester Royal Eye Hospital nel giugno scorso e, secondo i primi test, si potrebbe già parlare di un successo. Il paziente su cui è stata impiantata la protesi Argus II, l'equivalente di una vera e propria retina artificiale, è Ray Flynn, un ottantenne che aveva perso la vista a causa della degenerazione maculare secca, una patologia legata all'età.
Accedendo la protesi retinica, il paziente ha ritrovato la percezione della visione centrale e ora riesce a distinguere le sagome di oggetti e persone, persino se i suoi occhi restano chiusi, a riprova che non utilizza ciò che rimane del proprio visus naturale.
L'Argus II converte le immagini catturate da una camera miniaturizzata che viene montata su degli speciali occhiali in impulsi elettrici che sono trasmessi wireless a degli elettrodi impiantati sulla superficie della retina.
Questi impulsi stimolano le cellule sopravvissute della retina, che a loro volta li veicolano al cervello dove vengono composte le immagini. In tal modo, il paziente ha la percezione di vedere. Attualmente, l'occhio bionico non permette una visione del mondo equiparabile a quella garantita dalla nostra vista: Ray Flynn riesce infatti solo a distingere elementi di colori diversi (i bianchi dai neri) e la direzione in cui si muovono oggetti dalla forma assai semplice, ma ciò non deve comunque sminuire la portata di quello che è, a tutti gli effetti, un traguardo incredibile della medicina. Anche e soprattutto perché la degenerazione maculare secca non è curabile e rappresenta la prima causa di perdita della vista.