La polizia di Milano ha arrestato a Brescia due persone, il tunisino Lassaad Briki e il pakistano Muhammad Waqas, accusate di associazione con finalità di terrorismo e di eversione. Le indagini hanno permesso di accertare che gli indagati, sostenitori dell'Isis, svolgevano continuativa attività di istigazione pubblica in rete. Il procuratore aggiunto di Milano, Maurizio Romanelli: "Volevano colpire la base militare di Ghedi, nel Bresciano".
Da Ghedi i tornado Anti-Isis - La base dell'Aeronautica militare di Ghedi non sarebbe stata scelta a caso. Da qui sono infatti decollati i quattro Tornado, attualmente schierati in Kuwait, che partecipano alla coalizione internazionale anti-Isis. I responsabili della sicurezza, intanto, stanno valutando l'innalzamento delle misure di protezione della base, sede del sesto Stormo dell'Aeronautica militare. Il pakistano Waqas, prima di partire per la Siria, voleva infatti "ammazzare due-tre carabinieri" della base militare. Secondo il gip, i due avevano in mente un attentato ai militari per il quale Briki si stava interessando "al reperimento di armi, in particolare kalashnikov".
Quello di Briki per la base di Ghedi sarebbe stato un "interesse ossessivo", come emerge da un'intercettazione del 21 giugno, dalla quale si evince che il tunisino faceva ricerche on line con "focus" soprattutto sulle "tecniche per l'abbattimento di un aereo". La base era diventata per lui il "target", scrive il gip, per "compiere il suo jihad", tanto da chiedere "ripetutamente e con insistenza all'amico Waqas di condurlo, seduta stante, nei pressi dell'aeroporto per fargli verificare da vicino l'area (...) ed effettuare delle riprese utilizzando una telecamera di cui è munito". Waqas in quei giorni "esprime perplessità sulla capacità effettiva di attaccare la base e lo invita a cambiare obiettivo, ripiegando su target meno impegnativi perché meno vigilati: una caserma di carabinieri o addirittura una chiesa, provocando pero' il rifiuto del tunisino", che si sente ormai "il prescelto a cui è stata conferita questa missione".
Roma e Milano nel mirino - I due arrestati avevano creato l'account twitter "Islamic_State in Rome" e altri profili e progettavano azioni terroristiche. Sulla piattaforma - spiegano gli investigatori - messaggi minacciosi a firma Islamic State: sullo sfondo alcuni luoghi simbolo, a Roma e Milano.
"Siamo nelle vostre strade. Siamo ovunque. Stiamo localizzando gli obiettivi, in attesa dell'ora X". Questi alcuni dei messaggi, in italiano, arabo e francese, su foglietti tenuti in mano e, sullo sfondo, luoghi simbolo come il Colosseo, il Duomo o la stazione di Milano. Immortalati anche mezzi della Polizia di Stato e della Polizia locale, fermate della metropolitana, tratti autostradali e bandiere dell'Expo.
E ancora: "Siamo già a Roma... manca poco nostri coltelli sono affilati e pronti per la macellazione", scriveva Briki attraverso gli account Twitter "homar_moktar" e "homar_moktar2".
Tra loro parlavano in italiano - Il pakistano e il tunisino parlavano tra loro in italiano, non avendo un'altra lingua comune in cui esprimersi. E' quanto emerge dalle indagini, che si sono avvalse anche di intercettazioni.
I due avevano i documenti in regola e vivevano in Italia da anni e in particolare nel Bresciano, a Manerbio. Uno dei due risulta residente, ma non domiciliato, a Milano. Le foto con messaggi minacciosi erano già emerse circa tre mesi fa, a fine aprile.
"Un giorno mettiamo una bomba" - "Questo lo usi per mettere qualcosa qua... bomba... così", diceva il pakistano Waqas al telefono con il tunisino Briki, che rispondeva "non adesso, un giorno sì". E' quanto emerge da un'intercettazione agli atti dell'inchiesta della Procura di Milano. Nella telefonata del 16 maggio scorso Waqas spiega anche che nel manuale jihadista 'How to survive in the West' "hanno dimostrato piccole cose come si fa una bomba artigianale".
Briki "collegato" alla strage di Sousse - Nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Elisabetta Meyer, si legge che Briki avrebbe "incontrato" nel suo Paese "soggetti sicuramente contigui agli attentati commessi in Tunisia". Nell'ordinanza si spiega anche che l'uomo è rrivato "in patria appena un giorno prima del massacro di Sousse", dove il 26 giugno scorso in spiaggia sono state uccise 38 persone.