Crisi: condizioni più favorevoli, ma il disagio sociale resta alto
Nonostante i progressi osservati, l'incertezza è ancora diffusa. Pesa il deterioramento del mercato del lavoro degli ultimi anni
Sono oltre quattro milioni le persone che in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta, ovvero quella condizione in cui non si riesce a soddisfare appieno il bisogno di beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.
Il dato, come spiegato dall'Istat quando ha diffuso pochi giorni fa il report sulla povertà in Italia che fa riferimento al 2014, è in linea con quello dell'anno precedente, dunque l'incidenza della povertà assoluta si mantiene stabile dopo due anni di aumento. Allo stesso modo la povertà relativa – che interessa il 10,3% delle famiglie e il 12,9% delle persone residenti, per un totale di 2 milioni 654 mila famiglie e 7 milioni 815 mila persone – risulta stabile nel 2014.
Per quanto i numeri siano ancora elevati e, quindi, poco incoraggianti, un aspetto positivo c'è. Nel complesso, la dinamica del 2014, interrompe una tendenza negativa. L'incidenza della povertà assoluta in Italia, infatti, era cresciuta dal 3,5% del 2007 – periodo pre-crisi – al 6,3% del 2013. Il calo al 5,7% del 2014 si riflette anche nella ripartizione territoriale: al Nord la povertà assoluta diminuisce dal 4,4% al 4,2% tra il 2013 e il 2014, al Centro dal 4,9 al 4,8% e nel Mezzogiorno dal 10,1% all'8,6%.
Insomma, un miglioramento del contesto socio-economico del paese non si può negare. Anche se il disagio è sempre evidente. L'indice elaborato da Confcommercio sul disagio sociale – il Misery Index – è cresciuto a maggio a 20,7 punti dai 20,4 punti di aprile. Ciò è avvenuto a causa di alcuni effetti combinati. Ad esempio la modesta diminuzione dei disoccupati ufficiali e del numero di persone in Cig con l'aumento degli scoraggiati che ha determinato un contenuto aumento del tasso di disoccupazione esteso – quello che, per l'appunto, include anche le persone in Cig e gli scoraggiati –, salito al 16,2%.
Il disagio sociale è il risultato di diverse variabili, dalla crisi occupazionale alla mancanza di reddito, dalle difficoltà ad accedere a servizi di base all'assenza di tutele. Anche la precarietà ha un ruolo fondamentale in questo senso e il deterioramento del mercato del lavoro osservato negli ultimi anni non solo ha provocato una riduzione del numero di occupati, ma ha anche impedito ai lavoratori precari di ottenere contratti più stabili e sicuri.
Tuttavia l'area del disagio sociale, misurata di recente dal centro studi Unimpresa sulla base dei dati Istat, ha registrato un lieve miglioramento nel primo trimestre 2015: una diminuzione dello 0,8% dal 2014. In cifre 9,2 milioni di persone vivono in condizioni di disagio sociale, 71 mila in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Analizzando il mercato del lavoro il centro studi Unimpresa osserva che 3,3 milioni di persone sono disoccupate, poi ci sono coloro che hanno contratti di lavoro a termine, part time (672 mila) e non (1,47 milioni). I lavoratori autonomi part time sono 834 mila, i collaboratori 373 mila e i contratti a tempo indeterminato part time oltre 2,5 milioni. In definitiva sono aumentati gli occupati in difficoltà, una platea di lavoratori instabili o a retribuzioni contenute piuttosto ampia.
SU TGCOM24