Anche se non ha ancora 30 anni, Andrea Nardinocchi è lontano anni luce dai suoi coetanei, colleghi in primis. Non smania per apparire, usa pochissimo i social e l'unico privilegio che si concede è quello di raccontare di sé. Senza filtri né autocelebrazione. A due anni da "Il Momento Perfetto", il cantautore torna con "Supereroe", un album in cui rievoca sonorità Anni 80, che hanno fatto da colonna sonora alla sua infanzia, con la supervisione di Elisa, e a Tgcom24 racconta: "Il vero atto di eroismo è quello di riuscire ad esprimersi".
Cosa è cambiato dal primo disco?
Tante cose. E' l'evoluzione di una persona che vive delle esperienze, che inevitabilmente alterano un po' il percorso di vita. In questo nuovo album parlo di me, con nuovi spunti e riflessioni, racconto quello che mi è accaduto: è una sorta di sfogo, che mi aiuta a liberare quello che ho tenuto dentro, e cerco di dargli un senso con le canzoni. Che per me sono terapeutiche.
Nell'album ci sono sonorità Anni 80, cosa ti piace di quegli anni?
Si sono incastonati nella mia testa quando ero piccolo, durante i lunghi viaggi per andare dagli zii in cui si ascoltavano i Beatles o i Queen, ci sono tante cose che ho riscoperto che erano lì nella mia testa come dei totem. Volevo dare una veste più compatta e ho deciso di riprendere quella direzione in modo spinto.
E l'amore per Michael Jackson?
E' uno dei quei personaggi che hanno fatto bingo nel mio cervello, quando ero piccolo. Quella sensazione di elettricità ed emozione che si è incastrata alla perfezione. Ed è diventato un idolo intoccabile, dove tutto quello che ho sentito è sempre stato accolto da me con stupore e meraviglia.
In quale genere musicale ti collochi?
Non penso di aver trovato un modo di cantare specifico. Mi sento nel vuoto, sospeso in un limbo, il genere musicale è la mia vita.
Non rischi di non avere una identità ben precisa?
Lo so, e per questo sto pensando di fare altre cose, magari non più come Andrea Nardinocchi...
Perché c'è bisogno di Supereroi?
Perché la realtà è sempre più brutta. Il mio modo di intendere il supereroe, più che quello associato ai film della Marvel, è legato all'aspetto dell'immaginario dell'eroe che affronta una situazione difficile, che nel mio caso è quella di comunque fare i pezzi che mi vengono e raccontare tutte di me, anche se comporta non avere una identità precisa ed essere in difetto nei confronti di un mercato che richiede di essere decisi sull'immagine e la collocazione politica e sociale.
A proposito, perché sei poco social?
Non ho nulla contro i social, ma esprimo il mio disagio di averci a che fare, non mi viene spontaneo. Oggi è più importante la figura del personaggio, non importa a nessuno di quello di cui ti occupi. Io, invece, voglio fare musica...
Elisa però ti ha contatto su Twitter... come è nata la vostra collaborazione? Che consigli ti ha dato?
Quando ho scoperto che mi seguiva ci siamo sentiti, ma mi sono ripromesso di non chiederle nulla, poi mi ha invitato a un suo concerto ma ha piovuto e non ho potuto suonare, Abbiamo sentito le cose che stavo facendo e mi ha dato una iniezione di fiducia. E' stata super, mi ha dato un enorme supporto psicologico. Ha fatto un supervisione generale, con osservazioni che poi si sono tramutate in correzioni di suoni e arrangiamenti, ma anche titoli. Una vera supervisione...