Studente, 23 anni, incensurato; "un ragazzo come tanti, alla mano, educato", ricorda chi l'ha incontrato. Un ragazzo che studiava ingegneria informatica e che frequentava due moschee a Kairouan, dove abitava in un appartamento in affitto con tre compagni di studi. Una persona normale, insomma, Seifeddine Rezgui. Che però venerdì si è armato di un kalashnikov e ha fatto strage a Sousse.
Per accompagnarlo in paradiso dopo aver fatto mattanza di infedeli, l'Isis gli ha assegnato un nome di battaglia, Abu Yahya al-Kairouani. Ma su questo ragazzo, che pure su Facebook inneggiava alla jihad, restano più dubbi che certezze. Gli investigatori tunisini, ad esempio, non riescono ancora a capire come abbia fatto a procurarsi l'arma, soprattutto dopo che i controlli sono stati rafforzati in seguito alla strage al museo del Bardo. E non è chiaro nemmeno come si sia preparato, come si sia addestrato, chi siano stati i suoi contatti.
Di certo c'è solo che una delle due moschee frequentate da Rezgui figura tra quelle che sabato, il giorno dopo la strage, il ministero dell'Interno ha chiuso perché "ritrovo di terroristi". E in passato a quanto pare aveva frequentato, a Tunisi, le lezioni dell'imam Malik, scuola salafita che predica la preghiera e l'azione. Un'azione, quella del giovane terrorista, che resta misteriosa nelle fasi preparatorie.
Si cercano complici - Gli investigatori, intanto, starebbero cercando uno o più complici del 23enne. "Siamo certi che qualcuno ha aiutato il ragazzo, ma poi non ha partecipato" all'attentato, se non indirettamente, ha confermato il portavoce del ministro dell'Interno. Il padre del 23enne e tre coinquilini del giovane sono stati interrogati.