Tatuaggi e piercing, infezioni per un giovanissimo su quattro
Lo afferma una ricerca condotta dall'Università di Roma Tor Vergata su 2500 studenti liceali: solo il 5% è informato sulle malattie trasmesse
Un quarto dei giovanissimi che si sono sottoposti a tatuaggi e piercing ha avuto problemi di infezioni. Lo afferma una ricerca condotta dall'Università di Roma Tor Vergata su 2.500 studenti liceali coinvolti con questionario anonimo: solo il 17% ha firmato un consenso, mentre appena il 5% è informato correttamente sulle malattie che possono essere trasmesse. I rischi sono molto gravi: dal virus dell'epatite B e C fino all'Aids.
Rischi troppo alti - Recenti studi scientifici hanno rilevato come l'inoculazione nella cute di sostanze chimiche non controllate costituisca un rischio di reazioni indesiderate di tipo tossicologico o di sensibilizzazione allergica. Secondo la dottoressa Carla Di Stefano, autrice dell'indagine, circa l'80% dei ragazzi "ha affermato di essere a conoscenza dei rischi d'infezione". Eppure il 27% del campione ha dichiarato di avere almeno un piercing e il 20% sfoggia almeno un tatuaggio.
Gli "aspiranti" - Dallo studio risulta che i dati sugli "aspiranti" viaggiano su numeri ancora più elevati: "il 20% degli intervistati ha dichiarato l'intenzione di farsi un piercing e il 32% di ornare la pelle con un tatuaggio". "Il dato scientificamente più interessante - commenta la Di Stefano - sta nei tempi di sopravvivenza del virus rilevati negli aghi e nell'inchiostro, variabile da pochi giorni nell'ambiente a quasi un mese nell'anestetico: dato ancor più preoccupante se incrociato con la scelta degli adolescenti verso locali spesso economici e non a norma di legge".
Occhio agli strumenti improvvisati - "Per quello che riguarda tatuaggi e piercing non ci sono casistiche da procedure effettuate in studi professionali ma il rischio aumenta quando tali procedure vengono eseguite talora da principianti, in strutture con scarse condizioni igieniche e sterilità degli strumenti o con strumenti improvvisati, come corde di chitarra, graffette o aghi da cucito, ma anche nelle carceri o in situazioni non regolate come l'ambiente domestico", interviene il Professor Vincenzo Bruzzese, Presidente Nazionale del Congresso della SIGR di GastroReumatologia.
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