I motori sono sempre stati la sua vita. Fin dai tempi della scuola media, Benedetta Porfiri aveva in testa solo Gokart e Formula 1, passione condivisa con papà e fratello. Mentre le coetanee si dedicavano a tacchi, borse e makeup, lei sognava di stare nel paddock a trovare l'assetto migliore per i bolidi da competizione. Un sogno non troppo lontano dal lavoro che svolge oggi presso il Gruppo Loccioni dove si occupa dei test sugli iniettori degli autoveicoli.
Dopo una laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica conseguita presso l'Università Politecnica delle Marche, un'esperienza all'University of Delaware e l'ammissione alla MotorSport Academy di Experis - Manpower Group, Benedetta è l'unica ragazza ingegnere del suo team. Ai microfoni di Tgcom24 ammette che “sicuramente per una donna è più difficile affermarsi e acquisire credibilità in un settore tutto maschile come quello dell'Automotive. Ci sono ancora tanti pregiudizi e fare carriera richiede più tempo e impegno".
Le cose per fortuna stanno un po' cambiando e lo spazio per figure femminili laddove non c'è a priori lo crea il merito. "Facendo parte di un team Ricerca e Sviluppo - racconta - ogni giorno ci sono sempre nuove sfide da affrontare, è un lavoro molto dinamico e interessante che mi permette di mettere in campo le mie competenze, ma anche di acquisirne ogni giorno sempre di più".
La sua esperienza testimonia insomma che per le donne non ci sono più porte chiuse: "Nel team in cui sto lavorando - spiega La 25enne di San Claudio di Corridonia, provincia di Macerata - mi sono sempre trovata benissimo fin dal primo giorno e non mi hanno né discriminata né ostacolata, al contrario, i colleghi si sono sempre dimostrati molto disponibili".
Il sogno di ragazzina insomma, non è stato spezzato dalla realtà, anzi: "Spero di diventare un giorno ingegnere di pista Ferrari. Più in generale mi piacerebbe poter dirigere un gruppo di Ricerca e Sviluppo nel settore Automotive perché amo lavorare in squadra".
Non tutte le donne italiane però, possono raccontare storie simili a quella di Benedetta. Solo 9,3 milioni di loro oggi hanno un impiego, vale a dire il 46% del totale (dati Istat 2014).
La presenza femminile nel lavoro nel nostro Paese è tra le più basse d'Europa, dove la media dell'occupazione femminile supera il 60%. Non solo. Anche a livello mondiale il nostro Paese si posiziona tra gli ultimi posti al mondo per partecipazione socio-economica delle donne: secondo i dati 2014 del World Economic Forum, l'Italia è su questo fronte soltanto 114° su 142 posizioni. Un'arretratezza che ha gravi ripercussioni, non solo per le donne che restano ai margini, ma per tutto il sistema economico: secondo uno studio del Fondo Monetario Internazionale, la "disparità economica di genere" causa oggi in Italia una perdita di PIL del 15%.
Ma quali sono esattamente i motivi per i quali il 54% delle signore restano a casa? Lo abbiamo chiesto a Silvia Brena, Ceo di Network Comunicazione, l'agenzia milanese specializzata in contenuti e format multimediali che, insieme al coworking Piano C e Intesa Sanpaolo ha creato WorkHer, la piattaforma online dal 4 maggio che si propone di sostenere le lavoratrici che vogliono riposizionarsi oppure vogliono lanciare un'attività autonoma.
“Le donne che cercano di inserirsi o reinseririsi nel mondo del lavoro” spiega Silvia Brena, “sbattono contro il tetto di cristallo, contro un sistema di welfare che in assenza di supporto familiare consenta loro di gestire la carriera e i figli, e soprattutto affrontano tre grandi difficoltà che rischiano di diventare tre fortissimi impedimenti: un deficit di informazioni e di strumenti adeguati alle odierne logiche del mercato del lavoro, una mancanza di visibilità e di contatti e soprattutto l'impossibilità di collegarsi a una rete di supporto. Con WorkHer intendiamo offrire alle nostre utenti un percorso formativo e informativo e soprattutto una rete di contatti con professioniste e manager, con associazioni imprenditoriali e di categoria".
Con il supporto anche di Monster, Assolombarda, Women for Expo, Professional Women Association, Acta e la media partnership del blog La27esimaOra, il portale lancia un progetto ambizioso: includere nel mondo del lavoro 10 milioni di donne che oggi rinunciano ad avere una carriera. Spiega ancora Silvia Brena che "se un milione di donne italiane cominciasse a lavorare si creerebbero 3 punti di PIL".
Ma chi sono le centinaia di lavoratrici che hanno già aderito al progetto? "Le più varie - racconta Brena. - Ci sono le giovanissime, ma anche tante 30-35enni che hanno un impiego ma sono insoddisfatte e ora hanno deciso di realizzare il sogno lasciato cassetto. Moltissime hanno ambizioni imprenditoriali, ma accanto a loro ci sono tantissime mamme, licenziate appena hanno scelto la gravidanza e mai più tornate in ufficio. Le attività proposte sono le più varie: dalla comunicazione alla ristorazione, dal digitale ai servizi".
WorkHer vuole essere una rete per trovare contatti e progetti reali, ma anche un innovativo sistema di formazione su misura per ogni donna grazie a uno strumento di autovalutazione professionale, L'EST (Esplora, Scegli, Trasforma). Sviluppato da un team di psicologhe del lavoro e sociologhe dell'Università Cattolica di Milano, il test rivela in modo immediato dove si è e dove si vuole andare professionalmente, mettendo in luce punti di forza e di debolezza della propria identità lavorativa.
Sulla base di questo test, alla singola WorkHer viene suggerito un percorso di formazione, di tool, webinar, incontri con coach, tutor, commercialiste, economiste, avvocatesse del lavoro. Una rete di professioniste e mentor, infine, mette a disposizione il proprio tempo e il proprio sapere per aiutare concretamente le donne che vogliono rimboccarsi le maniche contro ogni pregiudizio e difficoltà.