Una vecchia storia di eredità si innesta nel dramma dei profughi che sbarcano in Italia. Il prefetto di Udine ha autorizzato che 38 immigrati fossero ospitati in una villa secentesca friulana. Il proprietario apprende la notizia dai giornali locali e, tramite un legale, chiede l'annullamento dell'atto, perché la storica dimora, trasformata in residence di lusso, non può diventare un albergo. Dietro tutto ci sarebbe l'accordo tra la Croce Rossa del posto e uno degli eredi della villa, che risulta indivisa.
Il conte Francesco Lovaria, contrario al provvedimento del prefetto ma che si dichiara vicino al dramma dei profughi, ha trasformato l'immobile in questione, Villa Lovaria, tutelata dalla Soprintendenza, a Pavia di Udine, in una residenza di lusso con quattro appartamenti e un ristorante.
La villa, dunque, non sarebbe attrezzata per essere un albergo e nulla si sa della sorte dei 38 profughi in arrivo. In tutto ciò si innesta la vicenda dell'eredità indivisa e dell'accordo con la Croce Rossa locale stipulato con l'altro erede, un discendente della famiglia Viscovich.