Si sa, le conseguenze della crisi economica sono state molte. Uno studio dell'Organizzazione mondiale del Lavoro, ad esempio, ha stimato l'impatto globale che la recessione ha avuto sul mercato del lavoro e sui salari, due componenti che, insieme ad altri indicatori, determinano lo stato di salute di un Paese e dei suoi abitanti.
Innanzitutto, dallo studio è emerso che solo un lavoratore su quattro può vantare un'occupazione, per così dire, stabile: tre quarti dei lavoratori hanno infatti contratti temporanei, a breve termine o, addirittura, non hanno nessun tipo di contratto. Tra i lavoratori dipendenti, solo il 42% è stato assunto a tempo indeterminato.
Tra il 2008 e il 2014, emerge ancora dal Rapporto World Employement and social Outlook 2015, il numero dei disoccupati globali è aumentato di 30 milioni di unità interessando, in tutto, 201 milioni di persone.
Non è un caso che dal 2011 la crescita occupazionale del globo sia rimasta ferma al +1,4% annuo e che quella delle aree più industrializzate si sia ridotta, tra 2008 e 2014, a una media del +0,1% annuo, dal +0,9% annuo registrato tra il 2000 e il 2007.
Oltre ciò, gli anni della crisi hanno portato a una forte riduzione dei salari, tanto che, secondo le stime contenute del Rapporto, si parlerebbe di addirittura una contrazione della massa salariale pari a 1.280 miliardi tra il 2008 ed il 2014. Una cifra simile al Prodotto interno lordo italiano o all'1,2% della produzione mondiale o, ancora, pari al 2% del totale dei consumi dell'intero globo.
Quella dei salari è stata una riduzione legata soprattutto al divario occupazionale che, se colmato, con l'effetto sui consumi e su investimenti, potrebbe far aumentare il Pil globale di 3.700 miliardi di dollari.