Camici, il governatore lombardo Fontana indagato per un tentato bonifico | La difesa: risarcito in coscienza il cognato
Il presidente avrebbe ordinato il pagamento ma la fiduciaria che detiene i suoi conti durante la sua carriera politica lo ha denunciato. Salvini: "Basta con le indagini ad orologeria"
Il governatore lombardo Attilio Fontana è indagato nel caso dei camici per un tentato versamento alla Dama spa da un suo conto in Svizzera, su cui nel 2015 aveva fatto uno "scudo fiscale" per 5,3 milioni di euro. Avrebbe ordinato il "risarcimento" all'azienda del cognato ma la fiduciaria che detiene i suoi conti lo ha denunciato. La difesa del presidente replica: "Ha voluto risarcire in coscienza il cognato ma tale risarcimento è rimasto lettera morta".
"Quando è venuto a sapere della fornitura - ha spiegato il legale di Fontana, Jacopo Pensa -, per evitare equivoci gli ha detto di trasformarla in donazione e lo scrupolo di aver danneggiato suo cognato lo ha indotto in coscienza a fare un gesto risarcitorio". Questo risarcimento, ha chiarito Pensa, "è rimasto lettera morta. Non sono in grado di capire dove sia il reato, ma i pm sanno quello che devono fare ed evidentemente sono state fatte indagini che hanno implicato l'iscrizione a garanzia dell'indagato".
Il reato ipotizzato a carico di Fontana, secondo la il "Corriere della Sera", sarebbe quello di "frode in pubbliche forniture". A detenere i conti del governatore, durante la sua carriera politica, è una società svizzera nella quale Fontana ha fatto confluire, secondo quanto scrive il quotidiano milanese, i fondi su cui nel 2015 ha sfruttato lo scudo fiscale: ben 5,3 milioni di euro.
Un bonifico di "risarcimento" - Il 19 maggio, quattro giorni dopo una generica intervista di Report, Fontana cercò di fare un bonifico per arginare quello che il quotidiano definisce "il rischio reputazionale" insito nei 75mila camici e 7mila set sanitari venduti per 513mila euro alla Regione il 16 aprile dalla società Dama spa del cognato Andrea Dini e (per il 10%) della moglie Roberta. Secondo il Corriere, il governatore lombardo tentò di bonificare alla Dama 250mila euro, cioè gran parte del mancato profitto al quale il cognato sarebbe andato incontro facendo l'unilaterale gesto di tramutare in donazione alla Regione l'iniziale vendita dei camici e di rinunciare a farsi pagare dalla Regione i 49.353 camici e 7.000 set già consegnati.
La denuncia per "operazione sospetta" - La milanese Unione Fiduciaria, incaricata il 19 maggio da Fontana del bonifico, bloccò il pagamento perché in base alla normativa antiriciclaggio non vedeva una causale o una prestazione coerenti con il bonifico, disposto da soggetto "sensibile" come Fontana per l'incarico politico. E così la fiduciaria fece una "Sos-Segnalazione di operazione sospetta" all'Unità di informazione finanziaria di Banca d'Italia, che la girò a guardia di finanza e Procura. Il 9 giugno la Finanza interroga una responsabile della fiduciaria e due giorni dopo Fontana ordina di cancellare il bonifico (che poco prima era stato definito urgente).
La rivendita dei camici - E' a questo punto che la Dama prova a rivendere i camici promessi e non ancora consegnati alla Regione (che era in piena emergenza coronavirus e necessitava di quei dpi). Attraverso un agente l'azienda di Dini prova ad accordarsi con la casa di cura varesina "Le terrazze" per rivendere i camici a 9 euro l'uno (quando sul mercato erano piazzati a 6). Anche su questa operazione la procura indaga per capire se la Dama poteva sottrarsi dal contratto di cessione fatto con la Regione Lombardia.
Quarto indagato nell'inchiesta - Si apprende intanto che c'è un quarto indagato nell'inchiesta per la fornitura di camici: si tratta di un funzionari di Aria, la centrale di acquisti regionale. L'accusa è la stessa per cui è stato iscritto nel registro Attilio Fontana, cioè frode in pubbliche forniture. Analogo reato, in concorso tra loro, viene contestato al cognato di Fontana, Andrea Dini, e a Filippo Bongiovanni, dg dimissionario di Aria spa. Questi ultimi due sono accusati anche di turbata libertà nella scelta del contraente.
Salvini: "Basta con indagini a orologeria" - A difendere nuovamente il governatore è sceso in campo il leader della Lega Matteo Salvini: "Ne abbiamo abbastanza di queste indagini a orologeria e a senso unico. La Lombardia, i suoi morti e le sue istituzioni meritano rispetto, siamo stufi". "Indagato perché un'azienda ha regalato migliaia di camici ai medici lombardi. Ma vi pare normale? Malagiustizia a senso unico e 'alla Palamara', non se ne può più", dice Salvini.