Violenti scontri a Milano al corteo internazionale del Primo maggio quest'anno dedicato alla tematica No-Expo nell'ambito della tradizionale Mayday Parade. Tutte strade sono state transennate. Alcuni manifestanti No Expo hanno lanciato oggetti e petardi contro carabinieri e forze dell'ordine schierate in tenuta antisommossa. Lanciate anche molotov e bombe carta. Diverse le auto date alle fiamme.
Due ore di guerriglia urbana L'entrata in scena dei gruppi anarchici più radicali (i black bloc arrivati a centinaia a Milano da Francia, Germania, Spagna e mezza Italia) si è avverata: i gruppi di manifestanti vestiti di nero, distribuiti in vari punti del corteo, hanno spaccato fioriere e vetrine dando fuoco ad auto e cassonetti,lanciando oggetti e molotov contro le forze dell'ordine. Due ore abbondanti di guerriglia urbana, alla quale la polizia ha risposto con il lancio di 400 lacrimogeni, un numero che da solo fotografa i disordini.
Alfano: "Massima durezza coi farabutti" "Un grande grazie alle forze dell'ordine e a tutto il sistema della sicurezza milanese: dal prefetto al questore e a tutti quelli che hanno cooperato. Hanno evitato il peggio con intelligenza e fermezza" ha commentato in serata il ministro dell'interno Angelino Alfano. "La tattica di ordine pubblico adottata a Milano - ha spiegato il ministro - ha infatti evitato il peggio. La giornata inaugurale di Expo non è stata macchiata dal sangue nè dei manifestanti nè delle Forze dell'Ordine. E adesso massima durezza contro questi farabutti col cappuccio".
Tenuti lontano dal Duomo La Questura ha interpretato con grande lucidità gli avvenimenti, da un lato usato i lacrimogeni per tenere a distanza i manifestanti evitando il più possibile il contatto e le cariche, ma dall'altro non si è fatta "sviare", per usare le parole del questore, Luigi Savina, dal tentativo di far sparpagliare le forze dell'ordine per poi approfittare di un varco verso il centro lasciato incustodito. L'obbiettivo dei black bloc, infatti, era di portare la devastazione in Duomo, o all'Expo Gate, e per questo motivo lo schieramento di polizia e carabinieri, già imponente, si era concentrato non tanto davanti e dietro al lunghissimo corteo, molto partecipato, ma nelle vie che potevano condurre verso il centro.
I luoghi degli scontri Il primo confronto si è avuto in piazza Resistenza Partigiana, un varco chiuso perfino con alte reti di ferro, camioncini, molti agenti, e difeso con gli idranti. Poi in largo D'Ancona, dove i tafferugli sono durati a lungo, spostandosi verso Cadorna, nei pressi della basilica di Santa Maria delle Grazie - uno dei simboli di Milano - e poi Conciliazione. Due ore interminabili, che hanno lasciato dietro di sè decine di auto bruciate, barricate, gente spaventata, e molte persone con irritazioni alla gola per l'uso dei lacrimogeni. Prime fra tutte quelle che si trovavano nella seconda parte del corteo, che hanno dovuto interrompere il cammino in via Carducci, ormai impraticabile per l'aria resa irrespirabile da fumogeni, lacrimogeni e il fumo nero delle auto incendiate.
Il cambio d'abito dei black bloc Ad un certo punto i 'blocchi neri' hanno cominciato a cambiarsi in massa, mischiati in mezzo ad altri compagni di corteo. Sull'asfalto di alcune strade, alla fine, sono rimaste decine di tute, felpe, magliette, ovviamente nere, e ogni genere di accessorio del teppista, come ginocchiere, bombe carta, occhiali protettivi, kit per lenire l'irritazione agli occhi da lacrimogeni, passamontagna, perfino maschere antigas. "In momenti come questi bisogna evitare di perdere il controllo della situazione ma occorre tenere grande saldezza di posizione" ha dichiarato il prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca che ha convocato il Comitato per l'ordine e la sicurezza per fare il punto sui disordini.
Il bilancio finale Alla fine il bilancio dei numeri è di 11 feriti tra le forze dell'ordine e di 10 antagonisti accompagnati in questura (uno è stato fermato in flagranza da due agenti in borghese in mezzo ai tafferugli). Ma la ferita alla città, in quello che doveva essere un giorno di lustro e orgoglio, è ben più grave della ferita fisica lasciata lungo i marciapiedi.