Un divario Nord-Sud che si conferma motivo di debolezza del nostro Paese, ma vanno sottovalutati gli spunti di vitalità nel Mezzogiorno – in particolare su ambiente – che fanno venire a galla potenzialità su cui investire: questo, in estrema sintesi, il resoconto del Rapporto Istat sul benessere equo e sostenibile nelle città.
Il Rapporto su Il benessere equo e sostenibile nelle città (Urbes) dell'Istat è un ottimo strumento per misurare lo stato di salute del Paese, attraverso l'analisi socioeconomica e delle condizioni di benessere delle sue aree urbane.
In generale, le città italiane, riflettono l'attuale condizione di difficoltà che deriva dalla crisi economica che ha colpito il Paese in questi anni. Nello specifico, però, alcune aree urbane presentano capacità attrattive e livelli di inclusione migliori per grado di opportunità e istruzione, peculiarità fondamentali al fine di rendere più dinamico il mercato del lavoro. I centri metropolitani, ad esempio, mostrano, in quota maggiore rispetto ai contesti provinciali di riferimento, livelli di scolarizzazione e di reddito più elevati.
Per quanto riguarda l'istruzione, infatti, su base nazionale, il 57% della popolazione ha completato almeno la scuola secondaria di II grado nel 2011 e il 23,2% dei 30-34enni ha conseguito un titolo universitario, ma esclusa la partecipazione alla scuola dell'infanzia, per tutti gli altri indicatori l'Istat rileva un "netto svantaggio del Mezzogiorno rispetto al Nord e al Centro": la quota di diplomati è superiore al 66% a Genova, Milano, Bologna e Roma mentre è inferiore al 50% a Napoli e Palermo. Se si considerano i laureati di 30-34 anni tutte le città metropolitane del Nord e del Centro presentano valori più elevati di quelle del Mezzogiorno.
Più critica è la situazione occupazionale. Ovviamente livelli di istruzione e di competenza alti possono aiutare le persone a farsi valere nel mercato del lavoro, ma la crisi ha di fatto ridotto il numero di opportunità. Tra il 2012 e il 2013, nelle città metropolitane, il numero di occupati rimane stabile al Centro-Nord, a parte le eccezioni di Venezia e Roma, mentre continua a diminuire al Sud, soprattutto a Napoli (40,2%), Palermo (41%) e Reggio Calabria (41,6%).
Il tasso di mancata partecipazione al lavoro (che considera il numero di disoccupati e quello delle forze di lavoro potenziali, gli inattivi cioè disponibili a lavorare ma che non hanno svolto attività di ricerca nell'ultimo mese) si attesta nel 2013 nelle città metropolitane al 21,6% (+6% sul 2008). Al Nord, riferisce l'Istat, la mancata partecipazione si colloca tra il 12,5% di Venezia e il 16,6% di Torino; al Centro tra il 10,9% di Firenze e il 18,8% di Roma; nel Mezzogiorno i valori partono dal 29,9% di Cagliari per arrivare a circa il 42% per Napoli, Reggio Calabria e Palermo.
Capitolo importante, infine, è il valore della ricchezza netta dei cittadini che, come già osservato in passato, ha subìto un "taglio" proprio a causa della crisi economica. Nel 2012 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici era pari a 17.307 euro pro capite, inferiore di circa 420 euro a quello stimato per il 2011. Un andamento simile – spiega l'Istat – viene registrato anche nelle ripartizioni geografiche.
Milano presenta nello stesso periodo di riferimento un reddito medio pro capite delle famiglie di oltre 26 mila euro e Bologna di oltre 23 mila; Catania, Napoli, Messina e Reggio Calabria non raggiungono 13 mila euro. Tra le altre città soltanto Bolzano, Trieste, Parma e Forlì-Cesena superano i 21 mila euro di reddito provinciale pro capite mentre Potenza e Catanzaro superano di poco i 13 mila.
Anche l'ambito della ricerca e innovazione è da considerarsi di primaria importanza, con particolare riferimento agli aspetti sociali ed economici nonché alle prospettive di sviluppo. Sotto questo punto di vista si conferma il trend generale, talvolta in maniera più marcata, per cui gli indicatori di ricerca e innovazione nelle città metropolitane risultano rispetto alla media nazionale.