botte da orbi

Avengers Age of Ultron, la sostenibile leggerezza dei chiassosi supereroi

Tanti effetti speciali, trama lacunosa e ottimo ritmo: basterà a saziare la fame del pubblico?

© ufficio-stampa

Esattamente come “il bacio è un apostrofo rosa tra le parole t'amo” (e se scrivi ti amo evidentemente vai in bianco per sempre), così “botte da orbi è un trattino nero tra le parole Super-eroe” (e se lo scrivi senza trattino, pazienza, ti becchi un occhio pesto lo stesso). Avengers: Age of Ultron, ovviamente, non solo non si eleva da questo luogo comune, ma lo moltiplica almeno per il numero di super creature coinvolte da una parte o dall'altra. E basterebbe questo a descrivere perfettamente l'esperienza del film: esagerata, chiassosa, scenografica, divertente, tutto sommato "onesta".

Insomma, questo seguito svolge egregiamente il lavoro che gli viene richiesto: trasportare lo spettatore in un universo dove i supereroi esistono ed è normale che si aggirino per il mondo, generalmente distruggendo tutto nel tentativo di salvare o proteggere l'umanità. E proprio questo concetto, il male che può nascere anche dalle migliori intenzioni, si distorce in quello di “guerra preventiva” che, con un triplo salto carpiato, può essere visto come unico momento di critica sociale dell'intera pellicola. Perché per il resto assistiamo a due ore abbondanti di mazzate estreme, con alcune tra le migliori scene di combattimento di sempre, vedi lo scontro veramente epico tra Hulk e Iron Man pompato con un superesoscheletro per cercare di “contenere” un gigante verde fuori controllo.


Purtroppo, tra un combattimento e l'altro, esiste anche una sorta di canovaccio che in realtà, mettendo tantissima carne sul fuoco, imbriglia i singoli personaggi, trasformandoli quasi tutti in macchiette e impedendo qualsiasi tipo di analisi psicologica che non sia “ho sofferto perché sono diverso” oppure “essere umani è bello” o ancora “sono cattivo perché non sono buono”. Insomma, la trama diventa un pretesto per inserire una scena d'azione dietro l'altra e mostrare i muscoli, reali o digitali che siano. Perché questo è quello che vogliono gli spettatori: azione, azione e ancora azione. Se poi filologicamente il film sia fedele al fumetto, a questo punto, non ha nemmeno troppa importanza visto che il suo scopo, perfettamente riuscito, è allargare il pubblico a dismisura, trascinando nel mondo dei supereroi chi non legge i comics, bambini e ragazzini che si vestono come Iron Man, comprano i gadget, si divertono a impugnare il martello di Thor, a costo di scontentare i veri appassionati della saga che troveranno diversi motivi per lamentarsi.


Non che non si possa fare altrimenti.Film “approfonditi” sui supereroi esistono, perché sotto la maschera sono personaggi tormentati e hanno storie interessanti, ma messi tutti insieme diventano solo un'allegra brigata. E poi, insomma, basta pensare all'Hulk di Ang Lee per capire che, forse, la scelta migliore sia da un punto di vista narrativo sia commerciale è quella di Avengers. Poco importa che, alla fine, il personaggio più riuscito sia quello interamente digitale, Ultron, unico attore che va oltre il compitino e una non troppo velata insofferenza per un film corale. Quello che conta, è che per due ore abbondantissime non si stacchino gli occhi dallo schermo e ci si trovi, grazie a un magistrale lavoro di effetti speciali e postproduzione, completamente risucchiati in un mondo verosimile, la sospensione dell'incredulità che, quando le luci si riaccendono, ti fa voltare verso l'uscita, sperando di scorgere Capitan America o, ancora meglio, la Vedova Nera. Perché il mondo, soprattutto oggi, ha bisogno di supereroi. E tutto sommato anche il cinema.