Aggrappati ai morti per restare vivi. I corpi dei compagni di viaggio trasformati in salvagente. Le ultime forze spese per lanciare un urlo nella notte, prima che l'acqua invada polmoni e porti a fondo. E' il racconto fatto dai 28 sopravvissuti all'ecatombe al largo della Libia: un concentrato di orrore e disperazione. "Il barcone si è scontrato con il mercantile portoghese - affermano -. Lo scafista nel tentativo di nascondersi ha perso i comandi" .
La nave portoghese King Jacob, che era giunta per prestare soccorso, avrebbe quindi colliso con l'imbarcazione per colpa della guida disattenta dello scafista. Il racconto degli ultimi due naufraghi salvati prosegue: "Ci siamo aggrappati ai morti, abbiamo sentito il rumore dei motori e abbiamo urlato con tutte le forze che ci rimanevano". Poi i soccorritori hanno tirato su soltanto cadaveri. E una sorta di diario di bordo: un quaderno con nomi e cifre accanto che ora gli investigatori esamineranno per cercare di risalire ai responsabili di questo omicidio di massa.
"Dopo la collisione è scoppiato il panico" - Sabato sera, attorno alle 22, hanno raccontato i migranti agli operatori umanitari dell'Unhcr, dal barcone è stato avvistato il mercantile portoghese, che era stato dirottato in zona dalla centrale della Guardia Costiera. A quel punto il tunisino che era alla guida, e che è stato fermato lunedì sera dalla polizia, avrebbe puntato la prua dell'imbarcazione verso la nave ma, una volta avvicinatosi, avrebbe pilotato senza la dovuta attenzione. "Voleva guidare la barca - hanno raccontato i sopravvissuti - e allo stesso tempo nascondersi tra di noi". Dopo la collisione a bordo è scoppiato il panico: "Tutti hanno iniziato ad agitarsi quelli che erano più in basso hanno solo sentito l'urto ma non vedevano niente e volevano salire. Alcuni di quelli che erano sul ponte sono finiti in acqua subito. La barca ha cominciato a muoversi sempre di più e poi si è capovolta".
Pm: stimati circa 850 migranti a bordo - "Non è stato ancora possibile accertare il numero dei morti", perché i superstiti riferiscono di cifre comprese tra i 400 e 950 passeggeri, ma "secondo alcuni sopravvissuti sentiti su nave Gregoretti e un report del mercantile portoghese si stima che a bordo del barcone ci fossero circa 850 migranti". Così il pm che indaga sul naufragio. All'Unhcr i migranti hanno raccontato di esser partiti dalla Libia sabato mattina, attorno alle otto, e hanno sostenuto che a bordo c'erano circa 800 persone
"Esclusa responsabilità mercantile King Jacob" - Nessuna responsabilità può profilarsi, sulla base di quanto emerso, a carico del personale del mercantile King Jacob che ha doverosamente prestato soccorso e che non ha contribuito all'evento fatale". Lo afferma il procuratore di Catania, Giovanni Salvi. Le indagini sono state eseguite dalla guardia costiera, dalla polizia di Stato, dallo Sco di Roma e dalla squadra mobile della Questura di Catania.
"Imbarcato numero migranti sproporzionato" - Il barcone naufragato era "privo di ogni necessaria dotazione di sicurezza". Lo scrive la procura di Catania nella richiesta di incidente probatorio nei confronti dei due presunti scafisti, sottolineando che è stato imbarcato "un numero di passeggeri del tutto sproporzionato alle dimensioni del peschereccio".
Il racconto del comandante della "Gregoretti" - Il racconto dei due sopravvissuti è stato confermato dagli uomini della Guardia Costiera e del Cisom, il Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta, che erano a bordo dei gommoni. "Siamo arrivati nella zona del naufragio attorno alle due di notte - ha spiegato il comandante della nave Gregoretti, Gianluigi Bove - del barcone non c'era più alcuna traccia, tranne alcuni detriti e chiazze di nafta. Siamo riusciti a recuperare due naufraghi, mentre altri 26 erano già a bordo della nave portoghese".
Il King Jacob era arrivato un paio d'ore prima. Quando dalla nave della Guardia Costiera hanno calato i gommoni non si vedeva a 10 metri di distanza. "Ho visto la gente in mare che gridava - racconta ancora Bove - abbiamo fatto di tutto per salvarli, ma non ce l'abbiamo fatta. E questa tristezza nessuno me la leverà mai".
Naufragio, parla il medico: "Io tra i cadaveri"
"Era buio pesto, ci hanno guidato le grida" - Chi era su quei gommoni la racconta così: "Era buio pesto. Siamo andati in mare per recuperare i cadaveri, non pensavamo di trovare ancora persone vive. Ed invece abbiamo sentito delle urla. Quando ci siamo avvicinati abbiamo recuperato due uomini che si erano aggrappati ai morti per cercare di rimanere a galla. Urlavano con le ultime forze che gli erano rimaste. Erano allo stremo, siamo riusciti a issarli a bordo, ma non avrebbero resistito per molto".
Nessuna certezza sul numero dei morti - Tutti gli altri sono andati a fondo. Settecento? Novecento? Nessuno lo saprà mai davvero. E anche i racconti dei superstiti non consentono di avere certezze perché nessuno di loro è davvero in grado di dire quanti disperati i trafficanti hanno stipato alla partenza. Quel che invece è certo è che quel barcone maledetto era come l'inferno di Dante, diviso in gironi.
Il peschereccio come un inferno dantesco - "Il peschereccio aveva tre livelli - ha raccontato il giovane sopravvissuto del Bangladesh ricoverato all'ospedale di Catania -: quello più basso era la stiva e centinaia di persone sono state costrette ad entrare lì dentro. Poi i trafficanti hanno chiuso i boccaporti, per evitare che uscissero durante la navigazione". Il secondo livello era invece quello della piccola cabina che c'è in coperta, all'altezza della murata del barcone. "Anche qui erano stipate centinaia di persone". Infine quelli sul ponte, i più fortunati: i sopravvissuti erano tutti qui.
Fermati gli scafisti del naufragio - Le forze dell'ordine hanno fermato un tunisino di 27 anni, Mohammed Alì Malek, ritenuto il comandante, e un siriano di 25 anni, Mahmud Bikhit, indicato come componente dell'equipaggio. Sarebbero i due "scafisti" responsabili del naufragio avvenuto al largo della Libia. Il loro fermo, disposto dalla Procura di Catania, è stato eseguito da personale della guardia costiera, dello Sco della polizia di Stato di Roma e dalla squadra mobile della Questura di Catania.
Scafista fermato a Bolzano - La polizia di Bolzano, in collaborazione con le squadre mobili di Trapani e di Reggio Calabria, ha invece fermato un 19enne senegalese accusato di essere stato lo scafista di un barcone affondato il 12 aprile, a 80 miglia dalle coste libiche. A bordo dell'imbarcazione di legno, partita dalla città di Zuara, c'erano 500 migranti. Il senegalese è stato rintracciato in un centro di prima accoglienza, dove era in attesa della risposta alla sua richiesta di asilo.