La proposta dell'Associazione nazionale comuni italiani di introdurre una nuova tassa di imbarco negli aeroporti delle città metropolitane non convince tutti. Secondo il parere delle associazioni di categoria (Iata, Assaeroporti, Assaereo e Ibar) l'introduzione dell'imposta, pensata per ridurre il peso dei tagli previsti dal governo ai comuni, avrebbe un impatto negativo sull'intero settore, riducendo il numero dei passeggeri, e sull'economia del Paese.
Secondo l'International Air Transport Association (Iata), l'associazione che raccoglie circa 250 compagnie aeree a livello mondiale, la nuova imposta – che potrebbe raggiungere il costo di 4 euro a passeggero per un biglietto di andata e ritorno – comporterebbe una riduzione di 414 mila passeggeri l'anno e un calo del Prodotto interno lordo (Pil) italiano, che perderebbe circa 53 milioni di euro.
A risentire negativamente sarebbe l'intera filiera del turismo e il settore aeroportuale che impiega 120.500 addetti, stando ai dati dell'Airports Council International Europe. Secondo cui gli aeroporti europei offrono un importante contributo alla crescita economica dell'Europa, generando complessivamente 675 miliardi di euro l'anno (pari al 4,1% del Pil europeo) e impiegando 12,3 milioni di persone.
Una volta introdotta, la nuova tassa di imbarco negli aeroporti delle città metropolitane potrebbe comportare una riduzione del numero dei passeggeri negli scali italiani, tornato a crescere nel 2014 dopo due anni di contrazione. Lo scorso anno, nei 35 aeroporti monitorati da Assoaeroporti, sono transitati 150,5 milioni di passeggeri (6,4 milioni in più rispetto al 2013).
La tassa di imbarco rischia di vanificare i risultati ottenuti di recente e quelli che potremmo conseguire aumentando il numero di persone in transito nei nostri aeroporti. Secondo il Censis, considerato il trend di crescita del numero dei viaggiatori a livello mondiale, per aumentare del 2% la propria quota di mercato nel traffico aereo entro il 2030, il nostro Paese dovrebbe incrementare la propria capacità di accoglienza fino a 472 milioni di passeggeri (+227% rispetto a oggi). I benefici sul fronte occupazionale sarebbero notevoli, assicura il Censis: 1,3 milioni di nuovi posti di lavoro.
Del resto, stando ad uno studio dell'Aci Europe, l'incremento del numero di passeggeri in transito negli scali ha effetti positivi sull'occupazione. Effetti che variano a seconda del Paese e delle relative leggi sul lavoro, passando da 850 a 1.200 nuovi occupati. Tuttavia molto dipende anche dalle dimensioni dello scalo aereo e dal tipo di traffico gestito: negli aeroporti con meno di un milione di passeggeri l'anno, ad esempio, per ogni milione di viaggiatori in più si creano 1.200 nuovi posti di lavoro; negli scali con oltre 10 milioni di passeggeri annui, i nuovi occupati sono 850.