Tra i carabinieri della caserma Levante di Piacenza ce n'era anche uno che non voleva far parte della banda di colleghi e commettere illeciti. Dall'ordinanza di custodia cautelare del gip, infatti, emerge che un giovane militare, R.B., da poco promosso maresciallo, nutriva un "forte disagio nel constatare le continue violazioni e gli abusi commessi all'interno della caserma di via Caccialupo" tra droga, abusi, pestaggi e festini con escort.
Il maresciallo, secondo le carte della Procura, aveva raccontato la situazione al padre, carabiniere in pensione, e in una telefonata del 4 maggio, contenuta nell'ordinanza, il militare descriveva tutta la sua "delusione" per per "essere finito a lavorare in un ambiente in cui vengono costantemente calpestati i doveri delle forze dell'ordine, dove tutto è tollerato a condizione che vengano garantiti i risultati in termini di arresti". E al genitore spiegava che "io non voglio fare un falso ideologico! Cioè... cioè, c'è l'attestato che ho fatto in data tot qualcosa che, invece, non è neanche vero!". "Molte cose le fanno le cose a umma a umma, non mi piacciono".
Il giovane militare si sentiva isolato rispetto ai colleghi, che "si gestiscono molto tra di loro", anche dichiarando di aver fatto dei servizi di pattuglia che in realtà non venivano eseguiti. "Lo sai perché se lo possono permettere? - chiede il padre - perché portano gli arresti!". E il figlio gli risponde: "Perché portano i risultati, lo so! Lo so!" E ancora: "Io ti faccio fare bella figura, a te colonnello ti faccio fare bella figura e ti porto uni sacco di arresti l'anno. Lavorano assai! Ma perche'? C'hanno i ganci". Il maresciallo manifesta quindi al padre il proprio disagio, dicendogli che "non sono né carne e né pesce e quindi non so come comportarmi". Il consiglio del padre è di "stare in stand-by, sperando che tutto vada bene" e il figlio si convince a lasciare " un po' passare così, anche passivamente, cioè non prendo tanto l'iniziativa".
E il gip, nell'ordinanza, sottolinea che "immaginando quali possano essere stati gli ideali che hanno ispirato tanti giovani a intraprendere un percorso di vita all'interno dell'Arma dei carabinieri, fatto di rinunce, sacrifici e rischi personali, desta sconcerto apprendere con quali modalità gli indagati di questo procedimento si servissero anche dei locali della caserma nei quali è destinata a svolgersi la loro pubblica funzione".