ARTISTA RIVELAZIONE

James Bay: "Vorrei parlare d'amore in tutte le lingue del mondo"

E' uscito "Chaos And The Calm", l'album del cantautore inglese che ha recentemente vinto il premio della critica ai Brit Awards. Tgcom24 lo ha incontrato

© ufficio-stampa

Dopo il successo del singolo "Hold Back The River" arriva nei negozi il nuovo album di James Bay "Chaos And The Calm". Il cantautore inglese è una delle rivelazioni degli ultimi tempi, vincitore del premio della critica agli ultimi Brit Awards. "Mi piace raccontare delle relazioni umane - spiega a Tgcom24 -. Se mi sento un idolo delle ragazze? No, sono una persona normale ma mi piace essere visto così".

Top ten in Italia (dove è stato certificato Oro) ma soprattutto numero uno in Gran Bretagna, "Hold Back The River" ha avuto il merito di imporre all'attenzione internazionale un artista che chi ne capisce teneva d'occhio già da un po'. I Rolling Stones, per esempio, che non sono gli ultimi arrivati, nel 2013 gli hanno fatto aprire il loro concerto di Hyde Park a Londra. Per il resto James Bay ci ha messo del suo. Con una musica dalle radici soul che arriva diretta alla gente, un'allure da artista (ha studiato pittura), un look che fa breccia (viso pulito e cappellino sempre portato sui capelli lunghi) e con un'intensa attività live che gli ha permesso di farsi conoscere. E proprio grazie a una performance dal vivo, vista su YouTube da un dirigente di un'etichetta discografica, è arrivato il suo primo contratto. Tradizione e contemporaneità, arti diverse che si mischiano, caos e calma... James Bay è tutto questo.

Il caos e la calma sono due aspetti del tuo carattere?
Assolutamente. E' una sorta di curva continua tra esaltazione e frustrazione, eccitazione e stasi. Un'altalena energetica che per me è fondamentale e per questo ho pensato che fosse un titolo perfetto per l'album: è una rappresentazione della vita di tutti i giorni e riassume le storie, le relazioni umane di cui parlo nelle canzoni.

Hai detto che nella musica come nella pittura preferisci “ritrarre” le persone piuttosto che i paesaggi. Cosa ti dà la musica in più nell'esplorare l'animo umano?
Ciò che mi affascina e mi ispira sono le relazioni tra persone, nelle loro varie forme. D'altro canto sono un argomento principe da sempre. Sono un fan dei Talking Heads e di David Byrne. Lui ha fatto del non scrivere una canzone d'amore una missione e io lo ammiro per questo, ma io mi sento più vicino a quel cantautore al quale un giorno un giornalista chiese “come mai scrivi sempre d'amore?” e lui rispose “Perché, c'è qualcosa altro?”.

I testi per te sono molto importanti. Senti di perdere qualcosa quando ti trovi davanti a un pubblico che non conosce ancora le tue canzoni e magari non parla la tua lingua?
L'ideale sarebbe realizzare le proprie canzoni in tutte le lingue della gente alla quale la tua musica arriva perché altrimenti si crea un deficit di comunicazione su un piano molto importante. Però nel momento in cui vengono a sentirmi spero comunque che la musica sopperisca e che la voce e le melodie fungano da elemento unificante. Di sicuro quando mi trovo a suonare di fronte a un pubblico straniero vorrei poter tenere una conversazione tranquillamente nella lingua del posto, come ho visto fare a Mick Jagger in Francia.

A proposito di Mick Jagger. Nel 2013 hai aperto il concerto dei Rolling Stones ad Hyde Park. Come è stato?
Semplicemente pazzesco. Sono da sempre un loro grande fan, basti pensare che mia mamma è cresciuta ascoltandoli e quindi per me erano nell'aria a casa, la loro è una musica senza tempo e per me e mio fratello è stato facile assorbirla crescendo. Quando mi è stato chiesto di aprire per quell'evento sono quasi caduto dalla sedia. Le settimane prima del concerto camminavo per Londra e vedevo ovunque i manifesti del concerto, e già la trovavo una cosa eccitante. Pensa poi accorgersi che in quei manifesto c'era anche il mio nome. Un'emozione indescrivibile.

Come ti fa sentire essere considerato dalle fan un idolo oltre che un bravo cantante?
Più che ringraziare non saprei cosa dire. Credo sia qualcosa strettamente connesso con la musica pop o il cinema. Nel 1988 ho visto Michael Jackson, nel "Bad Tour" e c'era questa folla enorme che lo adorava come fosse un dio, anche se ovviamente lui non era un dio, solo un bravissimo cantante. Nella pop music c'è una sorta di rappresentazione che trasforma persone normali in idoli perché nella nostra mente li sentiamo come irraggiungibili e intoccabili.

E questa cosa ti piace?
Soprattutto quando sono sul palco è bello essere percepito sotto quella luce, fa parte dell'aspetto teatrale di un concerto ed è eccitante.

Porti sempre un cappellino in testa. Ne hai una collezione?
Nessuna collezione. Ne ho portato uno per molto tempo, adesso è andato in pensione e ho quest'altro e con i capelli lunghi mi piace. Ma prima o poi mi taglierò i capelli, non voglio essere il ragazzo cinquantenne con i capelli lunghi.