Arriva nei negozi "Tracce clandestine", il nuovo lavoro dei Modena City Ramblers nel quale il gruppo è andato a ripescare nel proprio archivio brani che per vari motivi non erano mai stati pubblicati negli album ufficiali. "Dopo aver festeggiato i vent'anni di carriera - dice a Tgcom24 il cantante Davide Morandi -. Siamo andati a riscoprire le nostre radici e a dare dignità a brani che non erano stati registrati prima d'ora".
In copertina dell'album è raffigurata una musicassetta. Un elogio dei tempi che furono?
L'idea è quella di un'operazione come si facevano una volta., Quando c'erano le cassette e ognuno si faceva la sua compilation, per la fidanzata o da ascoltare in macchina. Noi abbiamo fatto allo stesso modo. Abbiamo recuperato tante canzoni che per un motivo o per l'altro erano rimaste fuori dai dischi ufficiali, tipo “Fischia il vento” o “Canzone per un amico fragile”.
Altri brani li facevate da anni nei concerti.
E poi voluto registrare quei brani che dal vivo, in varie occasioni, nel corso di questi vent'anni abbiamo fatto e quelle cover che rappresentano le origini del gruppo. Dopo aver festeggiato l'anno scorso i vent'anni di carriera discografica ci sembrava il momento giusto per un disco come questo.
Proprio dalle cover emerge forte il vostro mondo di riferimento, dai Mano Negra ai Pogues...
Sono forse le influenze più forti che ci sono state in questo nostro percorso. I Pogues sono quello da cui è partito tutto. E poi i Mano Negra prima e in un secondo tempo Manu Chao, sono stati un altro momento importante. Ma non solo loro. Ci sono i Clash, Bruce Springsteen...
Che uno penserebbe già più lontano da voi. In realtà non è così?
Dipende a che Bruce pensi. A parte il fatto che la nostra versione di "Ghost Of Tom Joad" si adatta perfettamente al nostro stile, ma lo Springsteen delle Seeger Session è stato a livello di suoni una grande fonte di ispirazione. Grazie a lui abbiamo riscoperto un sound che sembrava fuori moda e invece lui lo ha riaccreditato al grande pubblico.
Avete festeggiato l'anno scorso il ventennale di carriera. Come avete visto cambiare il vostro pubblico in questi tempi di stravolgimenti della discografia?
Per quello che riguarda noi non è cambiato moltissimo. Il lato live è sempre stato predominante rispetto a quello discografico quindi la crisi l'abbiamo sentita anche noi ma meno di altri. La cosa bella è che ogni anno facciamo tantissimi concerti e abbiamo la fortuna di avere tantissimi ragazzi giovani che vengono.
Il mancato rinnovo generazionale è il guaio di molti gruppi storici. Come siete riusciti ad attirare i giovani?
Non sappiamo spiegarci come possa essere avvenuto, dal momento che in radio passiamo pochissimo e in tv praticamente ci andiamo solo quando c'è il concertone del Primo Maggio, ma è così. Probabilmente ha funzionato il passaparola tra generazioni. Quindi sicuramente abbiamo perso, per selezione naturale, una fetta dei nostri fan storici, ma ogni anno vediamo facce nuove.
Quanto conta la presenza sul territorio con un gran numero di concerti?
In effetti non ci fermiamo mai, e probabilmente anche questo ha influito. Ho visto più di una band, di grande valore, pagare carissimo lo scotto di essersi fermati alcuni anni. Quando perdi l'attimo poi rischi che il treno non riesci più a riprenderlo.
L'album si intitola "Tracce clandestine" mentre il tour "Sentieri clandestini". Nel mondo musicale italiano vi sentite un po' clandestini anche voi?
Da sempre. Tanto più ora che che siamo rimasti legati a una major per la distribuzione ma per il resto, ormai da molti anni, facciamo tutto in proprio, dalla produzione alla grafica. Nella situazione odierna è la direzione da seguire per riuscire a fare le cose. E quindi siamo assolutamente clandestini, eccetto il primo maggio. Però siamo sempre in giro e tanta gente viene a vederci. Quindi anche se in maniera clandestina la nostra musica arriva dove deve arrivare.