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Renzi al Senato: "Rotto lo stallo, il Jobs Act porta i primi segnali di ripresa"

Il premier sottolinea come dei cinque fattori di crescita economica tutti tranne il prezzo del petrolio sono determinati dalla politica italiana in Europa. E ringrazia i senatori per il sostegno alle riforme

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Negli ultimi tre mesi "il parlamento ha interrotto quell'incantesimo che sembrava incastrarlo in stallo". Lo ha detto il premier Matteo Renzi parlando delle riforme. Focalizzandosi sul Jobs Act, il presidente del Consiglio ha sottolineato come stia "portando i primi segnali di ripartenza". "Sono segnali ancora timidi - ha precisato - ma possono essere valorizzati e devono essere inseriti in una scelta ancora più forte di politica economica europea".

Renzi al Senato: "Rotto lo stallo, il Jobs Act porta i primi segnali di ripresa"

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Il premier ha quindi sottolineato come "ci sono cinque fattori di oggettiva ripresa economica: quattro dipendono da scelte di politica economica europea: il piano Juncker di investimenti, la comunicazione sulla flessibilità, il Quantitative easing e, conseguenza di queste tre, il ritrovato rapporto tra dollaro e euro a condizioni più logiche ed economicamente sostenibili". Il quinto fattore, "sul quale abbiamo buona sorte, è l'abbassamento del prezzo del petrolio".

Secondo Renzi, poi, "chi dice che i fattori della ripresa sono indipendenti dalla nostra volontà mente sapendo di mentire, perché 4 su 5 di quei fattori, escludendo il prezzo del petrolio, dipendono dalla capacità della politica italiana di modificare la politica europea".

E proprio per quanto riguarda il ruolo dell'Italia in Europa, "mi permetto dire anche a coloro che non sono d'accordo con le scelte del governo, che non si può negare che il semestre di presidenza dell'Ue, con un cambiamento di vocabolario da rigore e austerity a crescita e riforme, ha consentito di creare un clima nel quale si è potuto finalmente voltare pagina".

Un nuovo corso che comprende anche le riforme, il cui percorso "sembrava difficile, la legislatura sembrava nata con più problemi che opportunità, molti pensavano che sarebbe terminata senza un evidente passo in avanti". Invece le cose sono cambiate, e "lo dobbiamo innanzitutto a voi, senatori, e chi ha compiuto uno sforzo di generosità, il presidente della Repubblica emerito Giorgio Napolitano che ritrovo in questa Aula e a cui va la mia gratitudine e quella di tutti gli italiani".

Ora è cambiato anche "il clima di fiducia degli italiani sulla situazione economica ma anche sulla possibilità della politica italiana di incidere nei processi europei e italiani. La scommessa di restituire centralità alla politica ha visto, su settori diversi e con opinioni diverse, prevalere l'idea che finalmente la politica potesse fare la propria parte per cambiare le cose". E quindi il premier si chiede: "Possiamo fermarci? Assolutamente no".

Infine, per quanto riguarda la politica estera, Renzi ha sottolineato come "in questi tre mesi il nostro obiettivo è stato togliere il dossier Libia dall'ultimo posto della fila dei dossier della politica internazionale, dandogli valore e importanza: quel dossier non riguarda solo l'immigrazione in Italia" e sarebbe "miope" se la comunità internazionale non lo ponesse al centro del tavolo nel Consiglio Ue di giovedì e venerdì.

La posizione italiana, comunque, "è molto forte nell'insistere sul rafforzamento della sicurezza energetica e inserire la rinnovata centralità dell'Africa e del Mediterraneo", e Roma ha sin dall'inizio sottolineato la necessità "di investire nelle relazioni con l'Africa, con i nuovi mercati e i nuovi hub della produzione di gas e petrolio".

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