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Copiare la natura: la nuova sfida degli architetti parla un linguaggio antico

Angelo Micheli, uno dei padri di Padiglione Zero all'Expo, racconta le frontiere dell'edilizia degli anni a venire. A partire da costi contenuti e riqualificazione urbana e urbanistica

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L'architettura del futuro si inserisce con armonia nel paesaggio naturale, usa materiale riciclabile, è facilmente smontabile e rimontabile, si adatta all'uomo e alle sue esigenze e ha costi contenuti. Un suo "paradigma" si potrà vedere e toccare con mano all'ingresso dell'ormai imminente Expo, dove il Padiglione Zero anticipa e racconta le costruzioni di domani.

Copiare la natura: la nuova sfida degli architetti parla un linguaggio antico

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Il cantiere di Padiglione Zero
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Il cantiere di Padiglione Zero
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L'architetto Angelo Micheli
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Render Padiglione Zero
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Render Padiglione Zero
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Natura e architettura - Come racconta Angelo Micheli, responsabile del progetto, realizzato dallo studio milanese AMDL, la società Architetto Michele De Lucchi. "Il padiglione si presenta come un susseguirsi di colline, costituite da una successione di gradoni. Al loro interno ospitano una serie di grotte e ambienti che ripropongono scenari naturali in cui si svolge la 'storia dell'alimentazione', il tema centrale di Expo. E' stato tutto realizzato industrialmente con l'obiettivo di ridurre i costi. Il risultato è un paesaggio variegato e multiforme, ma i metodi utilizzati sono stati 'al risparmio'. Il progetto inftti è a specchio, in modo da ridurre la lavorazione, e i gradoni sono stati realizzati in serie per abbattere i costi. Eppure l'opera finale dà un'impressione di grande varietà".

Costi contenuti - Il budget iniziale, fissato a 15 milioni, non solo non è stato sforato, ma neanche raggiunto. Il Padiglione Zero è stato realizzato dall'inizio alla fine con materiali naturali, economici, e con strutture smontabili e riciclabili. "Già - riprende Micheli -, perché la nuova architettura deve avere il coraggio di riconoscere che i suoi edifici hanno un tempo limitato di vita. Devono essere facilmente demolibili e sostituibili. Oppure riciclabili. E a questo bisogna pensare fin dall'inizio. Gli spazi edificabili si fanno sempre più limitati sul nostro territorio. Diventa quindi di importanza vitale essere in grado di recuperare aree già costruite e poi magari abbandonate. Basta con il terreno vergine, molto meglio andare a lavorare su spazi con costruzioni dismesse, da riutilizzare e far rivivere. Ogni elemento d'architettura ha un ciclo di vita limitato. E' ora di dire no a monumenti troppo rigidi. Bisogna essere consapevoli del fatto che l'edificio dopo un certo numero di anni sarà sostituito".

Dismesso è bello - Aree dismesse da riqualificare sono il terreno di lavoro privilegiato dell'architetto degli anni a venire, con un occhio attento ai coti di oggi e di domani. "Una casa non è per sempre - avverte ancora Micheli -. Va realizzata nell'ottica che possa adattarsi alle esigenze, in continua trasformazione nel tempo. Allargare uno spazio, buttar giù un muro devono essere operazione fattibili ed economicamente sostenibili". Tutti argomenti di discussione importanti tra i professionisti dell'edilizia, che potranno trovare spazio di confronto proprio alla fiera di MADE Expo, dove momenti di confronto su recupero e ristrutturazione saranno all'ordine del giorno. "Bisogna trovare il coraggio di demolire ridisegnando le nostre città in un'ottica di equilibrio tra spazi verdi e spazi abitati. L'architetto di domani sa che oggi la parola d'ordine è abitare senza distruggere: questo significa avere rispetto dell'uomo e dell'ambiente in cui l'uomo abita. L'architettura ci deve aiutare a riscoprire l'amore e la cura per i luoghi in cui viviamo, per le città, per gli spazi comuni, che tanti di noi hanno perso".

Un tuffo nel Rinascimento - Ed ecco che l'architettura di domani fa un passo indietro nel tempo. Per rivalutare e riesaltare gli spazi delle città rinascimentali. Quelli dove c'era un'armonia indiscussa tra architettura, uomo, natura. "Se manca l'armonia c'è il degrado - commenta Micheli - ed è quanto vediamo troppo spesso nelle nostre città. Dobbiamo tornare ad avere come modello quei paradisi di società e di collettività che erano le cittadelle dell'Umanesimo. Quelle dove i luoghi del verde e quelli dell'incontro, quelli della vita comunitaria e quelli del confronto 'politico' si integravano alla perfezione". Proprio come vorrebbe fare l'architettura sperimentale e avveniristica di Expo.

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