L'intento del governo è chiaro: ridurre il debito pubblico, cedendo le quote di partecipazione pubblica in alcune delle più importanti aziende del Paese. Una scelta che, secondo le previsioni dell'esecutivo, dovrebbe garantire entrate cospicue.
Il ministero dell'Economia e delle Finanze ha comunicato di aver ceduto oltre 540 milioni di azioni ordinarie di Enel: un'operazione da circa 2,2 miliardi di euro. Cedendo il 5,74% del capitale della società, la partecipazione pubblica è scesa dal 31,24% al 25,50% circa.
Il governo ha compiuto quindi un altro passo di un processo – quello delle privatizzazioni – annunciato qualche mese fa e che prevede, tra le altre cose, la cessione del 40% di Poste italiane e del 49% di Enav, ad esempio. La privatizzazione delle Ferrovie dello Stato (Fs) è stata posticipata per il 2016.
Diverse sono, invece, le operazioni già concluse: oltre alla quotazione di Fincantieri in Borsa, sono state ufficializzate le cessioni del 35% a State Grid of China di Cdp Reti (la società controllata dalla Cassa depositi e prestiti che detiene le partecipazioni nell'ordine del 30% di Terna e Snam Rete Gas), del 40% di Ansaldo Energia alla Shanghai Electric e, seppure ancora formalmente da concludere, di Ansaldo Breda e Ansaldo Sts alla Hitachi.
Le privatizzazioni, dalle quali il governo spera di ottenere entrate aggiuntive pari allo 0,7% l'anno nel biennio 2015-2017 (lo scorso anno gli incassi sono stati stimati allo 0,28% del Pil). Le privatizzazioni offriranno un contributo nella discesa del debito (pari al 133% del Pil, circa 2.200 miliardi di euro), sostiene comunque l'esecutivo.
Da sole non basteranno, però. Oltre al risparmio stimato sul fronte della spesa per gli interessi, è necessaria una crescita economica più sostenuta rispetto alle previsioni (rassicurazioni in merito arrivano dal Centro studi di Confindustria secondo cui la crescita si rivelerà superiore rispetto alle stime di dicembre) e mantenere un cospicuo avanzo primario – ovvero quando le entrate di uno Stato superano le uscite al netto degli interessi sul debito pubblico –, adesso al 3,3%.