Seppur timidamente e salvo sorprese, il Prodotto interno lordo italiano dovrebbe tornare a crescere nel corso dei prossimi mesi. La crisi economica ha comunque lasciato il segno: tante sono le aziende che hanno fallito, con inevitabili ricadute sul fronte occupazionale.
Secondo il CERVED, tra procedure concorsuali non fallimentari, liquidazioni volontarie e fallimenti, lo scorso anno 104.000 aziende hanno chiuso i battenti (-3,5% su base annua). Dall'inizio della crisi economica, invece, le imprese fallite sono state 82.000 (15 mila soltanto nel 2014) con inevitabili ricadute sul fronte occupazionale: i posti di lavoro persi sono un milione e ben 351 mila solo nel periodo compreso tra il 2013 e il 2014, spiega chi ha condotto la ricerca.
Diverse sono le cause che costringono un'azienda a cessare la propria attività, come il calo degli ordinativi e il crollo del credito finanziario. Secondo quanto rilevato dalla Banca d'Italia, ad esempio, dai primi mesi del 2014 la contrazione dei prestiti è rimasta stabile attorno al 3% su base trimestrale. Una situazione difficile che non dovrebbe essere destinata a migliorare nel corso del 2015, specie per le imprese di piccole dimensioni. Le condizioni economiche di quest'ultime, osservano da via Nazionale, restano difficili nonostante una graduale riduzione del debito, rendendo difficile l'accesso al credito. Che non rappresenta l'unico motivo di apprensione per le aziende.
A volte, infatti, le imprese sono costrette ad aspettare molto tempo prima di venire pagate per il lavoro svolto. Un'attesa che in molti casi si è rilevata "fatale". Dal 2008 al 2012, osservava qualche tempo fa la CGIA di Mestre, sono state oltre 15.000 le aziende che hanno chiuso i battenti a causa dei ritardi dei pagamenti soprattutto (nel 31% dei casi) da parte delle pubbliche amministrazioni, dimostratesi poco celeri nel saldare i propri conti negli ultimi anni.
Sempre secondo la CGIA di Mestre, ad oggi, in Italia sono ben 3.400.000 le imprese (pari al 76% del totale nazionale) che soffrono di problemi di liquidità riconducibili al ritardo nei pagamenti. Di queste, 700 mila si trovano sul punto di dichiarare il fallimento e pertanto rischiano di aggiungersi alle oltre 80 mila che lo hanno già fatto.
Fattori, questi appena elencati, che irrimediabilmente incidono sulla capacità di sopravvivenza delle imprese. Molte delle quali chiudono nel giro di dodici mesi dalla nascita: nel 2012, stando ai più recenti dati ISTAT, il tasso di sopravvivenza delle imprese a un anno dalla nascita è stato pari all'81,1%, in calo di 2 punti percentuali rispetto a quello registrato nel 2011. Nonostante sia più marcato nel commercio (l'84,4% per imprese nate nel 2010 contro l'81,1% per quelle nate nel 2011), il calo coinvolge indistintamente tutti i comparti.